REDAZIONE MILANO

"Qui da noi quasi la metà dei reclusi è impiegata in un’attività"

Il carcere di Milano Bollate si conferma come modello di reinserimento sociale grazie al lavoro per i detenuti. Nuova linea robotica e collaborazioni con aziende e cooperative sociali testimoniano il successo del progetto.

Il carcere di Milano Bollate si conferma come modello di reinserimento sociale grazie al lavoro per i detenuti. Nuova linea robotica e collaborazioni con aziende e cooperative sociali testimoniano il successo del progetto.

Il carcere di Milano Bollate si conferma come modello di reinserimento sociale grazie al lavoro per i detenuti. Nuova linea robotica e collaborazioni con aziende e cooperative sociali testimoniano il successo del progetto.

"Oggi si segna un nuovo passo avanti lungo il percorso di innovazione tecnologica, di crescita delle competenze professionali, ma soprattutto di crescita della persona che resta sempre al centro di tutto, a tutela della propria dignità e integrità. Solo con la collaborazione tra istituzioni e sistema impresa è possibile conferire utilità alla pena. Sia per la persona detenuta come opportunità di cambiamento sia per la collettività come riparazione per il danno subito". Non ha dubbi Giorgio Leggieri, direttore del carcere di Milano Bollate, l’inaugurazione della nuova linea robotica all’interno dell’impianto di trattamento Raee è un altro tassello importante per il carcere modello dove il lavoro è diventato un’abitudine di molti. La conferma arriva dai numeri: nel carcere ci sono 1.450 persone detenute, di cui 160 donne. Attualmente sono quasi 700 i detenuti che lavorano: 182 nell’area industriale del carcere alle dipendenze di aziende che hanno scelto di portare una parte del lavoro qui. L’ultima arrivata, per esempio, è un’azienda metalmeccanica di Cormano che ha assunto 12 dipendenti che si occupano del rivestimento di lamiere. Altri 350 detenuti sono impegnati a turno alle dipendenze dell’amministrazione carceraria e infine 250 detenuti in articolo 21 e semi libertà lavorano all’esterno, escono al mattino si recano sul posto di lavoro e rientrano alla sera. Anche nel reparto femminile ci sono tre aziende esterne, dal tessile alla produzione di spazzolini da denti. Aziende, ma non solo. Ci sono anche le cooperative sociali come Bee 4 altre menti, Abc La sapienza in tavola o Alice che gestisce il laboratorio di sartoria e ultimamente è in forte espansione grazia alle collaborazioni con importanti brand della moda. "Il nostro auspicio è quello di aumentare il numero di aziende che decidono di esternalizzare una parte del lavoro dando opportunità alle persone detenute", conclude Leggieri.

Ro.Ram.