Claudio
Negri
Ce l’hai un pallino? Il pezzo è corto, non chiude...”. Dìcesi pallino – ma più spesso dicévasi – una notizia breve, massimo cinque righe di colonna, che come tassello d’intarsiatore andava a tappare un buco nella bozza. Perché nonostante le misure abbastanza elastiche del menabò, che è lo schema della pagina a venire, l’orrore di un buco bianco era sempre presente e vagante. Si viveva nella ruggente era della fotocomposizione: la redazione mandava articoli e titoli alla tipografia, che provvedeva a farcirli di codici e a spedirli, in uno sfarfallìo verde di arcaico videoterminale, a un macchinario bislungo che li sfornava caldi e pronti per la pagina. Bisogna ammettere che i tagli ai pezzi operati dalla redazione su riscontri cartacei erano sportivamente approssimativi e molti articoli risultavano eccedenti. Ecco allora che i colleghi di turno, col pennarello rosso, marcavano i limiti dei tagli che poi un fratello tipografo – paziente benché sacramentante – operava col bisturi specifico, il cutter. Ma quando il pezzo era corto e non bastavano artifici grafici, entrava in scena il pallino. Tassello di poche righe, precedute appunto da un pallino nero, per l’alto intarsio di pagina. Nelle notti, tutte, in cui il giornale nasceva di nobile parto podalico, avevamo un’apposita e appiccicosa cartella di pallini pronti all’evenienza. C’era un corrispondente specializzato in notizie brevi: sarebbe stato capace di minimizzare in cinque righe anche la Seconda Guerra Mondiale o la Strage degli Innocenti. Una notte più sfortunata delle altre esaurimmo tutti i pallini disponibili. Così, sull’ala del tempo divoratore, ne componemmo altri all’impronta, innocui, generici e verosimili: “ Un forte boato si è udito l’altra sera a... misteriose le cause... si pensa a un jet lanciato oltre la barriera del suono”, “Si raccomanda prudenza agli automobilisti in transito nella nostra provincia per formazioni di ghiaccio in tratti ombreggiati...”. Visto, si stampi. Con la benedizione di zio Ernest e di quel pallino inarrivabile a lui attribuito, che in due righe camuffate da piccola posta rivela una storia straziante: “Véndonsi scarpine da neonato. Mai usate”.