Quei quattro giovani morti nei lager: 80 anni dopo Gessate ricorda il sacrificio dei suoi figli

Giuseppe Dossi, Marcello Cavenaghi, Bruno Bertelli e Giovanni Brambilla: una pietra d’inciampo sarà posata vicino ai luoghi in cui vissero

La cerimonia con i familiari

La cerimonia con i familiari

Gessate (Milano) – "Cari genitori, credo abbiate ricevuto tutte le notizie che vi ho mandato. Ho mandato anche moduli per i pacchi: pasta, farina, biscotti, e tutto quello che potete. Fate presto, aspetto con ansia. Vostro figlio, Giovanni". Dalle cascine e dalle campagne del paese ai lager tedeschi. In una ricerca frutto di un lungo lavoro la vita e la morte di Giuseppe Dossi, classe 1916, morto a Wasungen nel 1944; Marcello Cavenaghi, classe 1921, morto a Fullen nel 1944; Bruno Bertelli, 1914, morto a Ebensee, sottocampo di Mauthausen, nel 1945; e Giovanni Brambilla, nato nel 1915, morto nel 1944 a Konigswartha. I primi tre erano militari, che si erano rifiutati di combattere con i nazifascisti, il quarto “politico”.

In loro ricordo quattro pietre di inciampo saranno posate di qui al 25 aprile: due a Cascina Gnocco, dove nacquero due dei deportati, una in via Montello, una accanto al municipio. Le vite delle vittime gessatesi dei lager sono in un dossier, frutto di una ricerca tutta al femminile: vi hanno lavorato Maria Teresa Bertini, Irene Ambrosoni, Libera Vergani, Antonella Sommariva. L’altra sera la prima emozionante presentazione al pubblico: con la sindaca Lucia Mantegazza le ricercatrici, i familiari delle vittime, cui sono state consegnate targhe commemorative, i rappresentanti di Aned Milano, Leonardo Visco Gilardi, Angelo Longhi dell’Anpi, Alessandra Minerbi del comitato pietre di inciampo di Milano.

"Un progetto prezioso – così la sindaca – che condividiamo con le scuole. Nei prossimi incontri i relatori saranno gli studenti". Non semplici note biografiche quella della ricerca letta per stralci ad alta voce durante la serata. Ma uno spaccato angoscioso. Fra le fonti l’archivio di Arolsen in Germania, accessibile dal 2007, che ospita schede e dati su oltre 17 milioni di deportati. "Scoprire che con un clic era possibile ricostruire la sorte dei nostri ragazzi è stato emozionante". Nelle lettere del deportato Brambilla la commovente contraddizione fra le "ottime notizie" sul proprio stato di salute e la richiesta accorata di viveri da casa. Ebensee era il regno infernale del comandante Anton Ganz. Che il 5 maggio del 1945, fingendo di volerli salvare dalle bombe alleate, cercò senza riuscirci di rinchiudere i prigionieri nelle gallerie di lavorazione fra le montagne, per farli saltare con la dinamite.

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