Milano, Qr Code ovunque ma non è il demonio

Il green pass è sparito ma il marchio bianco e nero è ovunque anche come atto vandalico sui monumenti, l’ultimo al Memoriale

QR Code pubblicitari su pali di semafori e segnaletica verticale a Milano

QR Code pubblicitari su pali di semafori e segnaletica verticale a Milano

L’invasione dei Qr Code. Neppure con lo stop al Green pass dal primo maggio il quadrato bianco e nero è scomparso dalle nostre vite. Il codice di pixel non serve più per accedere in ufficio o al bar ma lo si ritrova minuscolo sulle confezioni dei prodotti o gigantesco nelle pubblicità stradali. E ancora: fuori dalle vetrine dei negozi, sul tavolo dei ristoranti, come alternativa contactless al menu di carta, o nei musei, come didascalia digitale. Ma il Quick Response code appare anche dove non dovrebbe: sui pali della luce come sticker abusivo o peggio come sfregio a un monumento. È successo proprio la scorsa settimana. Quando l’adesivo con il marchio "Arabo" e una serie di pixel è stato incollato su una stele del Memoriale dei partigiani alla Loggia dei Mercanti. Il motivo? Promuovere in modo "vandalico" un video del rapper ZiYou.

Il gesto denota "ignoranza pura", commenta Vicky Gitto, founder di "Gitto Battaglia 22", ma secondo il creativo non bisogna demonizzare il Qr Code: "In comunicazione è uno strumento efficace e istantaneo per creare la relazione fra brand e consumatore, azzerando le distanze. Attraverso una scansione si è in grado facilmente di accedere a informazioni che fanno parte della promessa di un’azienda come la sua storia o la provenienza del prodotto. Il Qr Code ha poi la virtù di poter essere stampato su qualsiasi supporto, anche sul packaging o sulla tradizionale carta, animandoli in quanto chiave di accesso digitale a un mondo più ricco di racconto" commenta il pubblicitario, il primo in Italia ad utilizzare il "quadratino" per una campagna Volkswagen 15 anni fa. "Ma i tempi – spiega Gitto – allora non erano ancora maturi, a partire dal fatto che non tutti gli smartphone supportassero questa tecnologia".

Tecnologia che non è nuova. Come rivela la Treccani, il Qr Code è stato "sviluppato nei primi anni Novanta dalla società giapponese Denso Wave del gruppo Toyota per il tracciamento in fabbrica dei componenti delle autovetture". Nel paese del Sol Levante furoreggia dall’inizio del nuovo millennio. Da noi invece ha faticato a trovare diffusione. Fino a quando, a partire dallo scorso 6 agosto, il certificato verde, base o rafforzato, si è reso necessario per accedere a numerosi luoghi al chiuso e tutti hanno preso confidenza coi simboli neri su fondo bianco. Come leva della comunicazione, secondo Gitto, il Qr Code è destinare a rimanere "anche in virtù della sua economicità".

 

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