Pusher ucciso per vendetta Arrestati quattro spacciatori

Sono ritenuti gli autori dell’esecuzione dello scorso aprile nel Rugareto. Il marocchino gestiva il mercato della droga fra Gerenzano e Rescaldina

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di Graziano Masperi

Sono arrivate ad una svolta le indagini sull’omicidio del giovane marocchino ritrovato senza vita nei boschi del Rugareto a Rescaldina nel pomeriggio di sabato 2 aprile di quest’anno. Il Gip Stefano Colombo presso il Tribunale di Busto Arsizio ha firmato quattro custodie cautelari in carcere nei confronti di altrettanti uomini ritenuti responsabili del delitto. Si tratta di quattro connazionali di età compresa tra i 29 e i 43 anni che quel giorno sarebbero entrati nel bosco per tendere un agguato a Ouadia Bouda e un’altra persona che si trovava con lui. Contro Bouda avrebbero poi esploso più colpi d’arma da fuoco calibro 223 Remington, calibro 9 e calibro 12. Bouda morì sul colpo, mentre l’altro uomo sempre di nazionalità marocchina che era con lui venne colpito di striscio alla testa e alla gamba. Tutto avvenne all’altezza di via per Gerenzano, strada che taglia un’area boschiva conosciuta come luogo di spaccio e dove spesso si sono consumati episodi di violenza tra pusher.

Le indagini puntarono fin da subito su un possibile regolamento di conti tra soggetti legati al mondo della droga. Bouda era un immigrato irregolare che venne riconosciuto grazie alle impronte digitali. Fu una persona che passeggiava tra i boschi a scoprire il cadavere e a dare l’allarme. Accanto a lui c’erano i bossoli immediatamente repertati e fatti analizzare dai carabinieri di Legnano.

I carabinieri sono riusciti a raccogliere numerosi elementi di prova che sono serviti al pubblico ministero per ottenere i provvedimenti restrittivi di custodia cautelare in carcere nei confronti di Mohamed El M., classe 1992, Elhabib R., classe 1992, Abdelatif B., classe 1986 e Mohamed H., classe 1979. Le indagini prendono una direzione il giorno dopo il delitto quando i carabinieri di Rescaldina apprendono, da una fonte confidenziale, che il gruppo entrato nei boschi il giorno prima fa capo a un marocchino soprannominato ‘Lungo’ che era il boss di una banda composta da 4, 5 persone. La fonte confidenziale è stata in grado di fornire anche dei numeri di cellulare utilizzati dal gruppo del ‘Lungo’ e ha indicato i punti della zona utilizzati dalla gang per lo spaccio. Sono poi subentrate ulteriori indicazioni confidenziali che hanno permesso ai carabinieri di rintracciare la persona che faceva da palo, un ragazzo italiano. Ma, al di là di tutto, era lo stesso Bouda a temere per la propria vita in virtù di continui screzi con alcuni connazionali che aveva rivelato ad una persona. Citando anche le persone che volevano fargli del male. Il suo omicidio matura, quindi, nell’ambiente dei narcotrafficanti marocchini coadiuvati da alcuni italiani che non sono mai riusciti a ripartirsi il territorio dello spaccio. Una lotta senza esclusione di colpi, dove lo sgarro si paga con la vita.

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