Prima scuola di design inclusiva. E l’allarme dell’architetto Lai: "Milano rischia la fine di Venezia"

Tre professionisti e la ricerca di una progettazione più sostenibile e aperta alle diversità "Questa città esclude troppi. Non è normale che a Lambrate vendano case e 4.500 euro al mq".

Prima scuola di design inclusiva. E l’allarme dell’architetto Lai: "Milano rischia la fine di Venezia"

Prima scuola di design inclusiva. E l’allarme dell’architetto Lai: "Milano rischia la fine di Venezia"

di Annamaria Lazzari

MILANO

"Milano, come nel mito di Narciso, rischia di cadere vittima della sua vanità". L’allarme lanciato da Maurizio Lai, architetto, scenografo, designer e docente (al Polidesign e Iulm, fra gli altri). Nato a Padova 59 anni fa, ha studiato alla facoltà di Architettura a Venezia e poi al Politecnico di Milano. "Qui avrei dovuto stare due mesi, invece ci vivo da quasi 40 anni" dice. Dopo la fondazione di “Lai Studio“, che oggi conta una trentina di collaboratori, ha realizzato sviluppi residenziali e commerciali, soprattutto in hotellerie, retail e ristorazione, in Italia e all’estero, ricevendo premi. Più che dei riconoscimenti, però, Lai va orgoglioso del progetto di Scuola Futuro Lavoro, istituto di eccellenza post diploma, il primo in Europa ad adottare accorgimenti (illuminotecnici e acustici fra gli altri) per studenti Asperger. "Per me Milano è stata la città delle opportunità, ma oggi vedo le difficoltà che i giovani devono affrontare. Gli affitti sono insostenibili non solo per chi è all’inizio della carriera, ma per la maggior parte dei lavoratori che percepiscono uno stipendio scarso. Acquistare casa è fuori portata, la vendita a Lambrate a 4.500 euro al mq non è una cosa normale".

C’è il dibattito sulla Milano sempre più esclusiva ed escludente. Come è successo?

"Dobbiamo chiederci a chi sia finita una fetta importante del patrimonio immobiliare".

La risposta?

"A fondi e gruppi assicurativi che hanno creato un’operazione finanziaria, sbilanciando il mercato. Hanno fatto incetta di immobili nel pre-Covid e poi li hanno ristrutturati per puro investimento. Abbiamo un’enorme quantità di appartamenti in centro affittati solo per brevi periodi, generando massimo profitto solo per i proprietari delle case. Le classi medie sono state espulse verso periferia e hinterland. Sembra ci sia come una precisa volontà di espellere i residenti dalla città. Il risultato è che Milano è diventata come un enorme albergo, popolato da operatori che giungono da tutte le parti del mondo e che abitano temporaneamente in case sborsando prezzi assurdi".

Finirà questa corsa?

"Non in tempi brevi. Le previsioni per il 2025 sono di ulteriore crescita del mercato immobiliare milanese. Pesa molto la variabile dell’incremento dei costi delle materie che ha fatto lievitare i costi di produzione. Ma il punto è: dove arriveremo?".

Lo dica lei...

"Il rischio concreto è che Milano diventi una nuova Venezia, un “museo a cielo aperto“ da guardare ma senza più abitanti. Un tetto agli affitti brevi ci verrebbe, eccome".

Altro tema caldo: il rischio paralisi dell’edilizia, dopo le inchieste della magistratura su presunti abusi edilizi, dalle Park Towers a Crescenzago alla Torre Milano di via Stresa. Lei è preoccupato del blocco?

"A Milano ho sei cantieri aperti, tra cui il rifacimento dell’Unahotels Cusani, nel centro, e un locale di nuova concezione in via Varesina. È chiaro che bisogna uscire dall’impasse attraverso un chiarimento interpretativo del legislatore. Detto questo, la Procura ha avuto ragione a sollevare il velo sulle nuove costruzioni avviate con semplice Scia. Qualcuno avrebbe dovuto vigilare di più su queste operazioni, come si sarebbe dovuto valutare meglio il sovraccarico urbanistico prodotto da centinaia di nuovi appartamenti, accompagnandoli a servizi adeguati".