ANDREA GIANNI
Cronaca

Milano, la storia di Massimo: "Io, sei anni dietro un videogame"

Recluso in casa senza relazioni: così sto battendo la mia malattia

Videogame

Milano, 10 ottobre 2018 - Un lavoro nei servizi informatici all’Università Bocconi, serate con gli amici e l’attività parallela di dj in alcune discoteche milanesi. Un equilibrio che si è spezzato all’età di 24 anni quando Massimo - nome di fantasia per tutelare la sua privacy - si è chiuso in casa, e ha iniziato a trascorrere le giornate tra tv e videogiochi “sparatutto”, costruendosi una vita parallela online. Adesso ha 29 anni, e con tanta fatica sta cercando di superare i problemi grazie all’aiuto della cooperativa Hikikomori di Milano, termine giapponese usato per persone che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale. Segue una terapia con gli psicologi del centro specializzato nella cura di una sindrome che colpisce sempre più italiani, e inizia a manifestare i primi sintomi durante l’infanzia e l’adolescenza.

«Ci sono due episodi nella mia vita, all’apparenza di poca importanza, che secondo me sono stati un campanello d’allarme – racconta Massimo –. Sono cresciuto con i miei nonni e, all’età di 10 anni, ho avuto una crisi quando mia nonna si è allontanata da Milano per un periodo. Poi, all’età di 13 anni, mi trovavo al cinema e mi sono sentito male senza alcun motivo. Sono dovuto tornare a casa, e solo lì ho iniziato a riprendermi». Massimo ha studiato ragioneria e ha trovato un buon lavoro alla Bocconi, grazie anche al talento nell’informatica. Nella sua vita, però, hanno iniziato a manifestarsi i sintomi di qualcosa che non andava. Problemi che sono esplosi con tutta la loro forza una mattina, quando Massimo aveva 24 anni. «Non appena sono arrivato al lavoro sono stato colpito da un attacco di panico – spiega – è stato terribile, credevo di essere impazzito. Tachicardia, confusione, la sensazione di perdere il controllo. Sono dovuto tornare a casa, e il viaggio in auto è stato un incubo. Ero distrutto fisicamente e mentalmente».

Da quel giorno Massimo non è più riuscito a uscire, perché si sentiva male ogni volta che varcava la soglia di casa. Si è messo in malattia e dopo tre mesi ha lasciato il lavoro. Gli amici sono scomparsi, i parenti non capivano che cosa stesse succedendo. Non avevano gli strumenti per aiutarlo. Ed è iniziata una vita da sepolto in casa, davanti a uno schermo. «Ho iniziato a dormire di giorno e a vivere di notte – racconta Massimo – mangiavo poco, stavo per ore davanti al computer e mi sono appassionato ai videogame “sparatutto”. Ho conosciuto online alcuni ragazzi, con cui giocavo a distanza. Riuscivo ad avere solo rapporti mediati dal pc. La casa era tutto il mio mondo, in quel periodo non mi mancava niente». Un giorno Massimo ha provato a uscire, e l’esperienza è stata drammatica. A poche decine di metri dall’appartamento dove vive, in zona Isola, si è schiantato con il suo scooter ed è finito in ospedale con il femore rotto. Dopo la convalescenza è tornato a chiudersi in casa, e non è più uscito.

Fino a quando, due anni fa, la madre e il fratello maggiore lo hanno convinto a farsi aiutare da Hikikomori Cooperativa sociale Onlus, centro con sede in via Pola a Milano specializzato nell’area delle nuove dipendenze comportamentali e dei fenomeni di ritiro sociale. «All'inizio è venuta una psicologa a casa e mi ha aiutato a superare gli attacchi di panico – spiega – ho imparato a gestire l’ansia, anche attraverso esercizi di respirazione. Ho iniziato a uscire accompagnato una volta alla settimana, poi sempre più spesso». Massimo non è ancora riuscito a varcare i confini di Milano, ma poco a poco ha riacquistato autonomia anche grazie a un progetto di inserimento lavorativo in collaborazione con la Città metropolitana. E ha smesso di giocare ai videogame. «Il mio desiderio è trovare un lavoro nell’informatica – conclude – e aiutare i giovani che hanno i miei stessi problemi a trovare il coraggio di chiedere aiuto e abbattere la barriera. Quando una persona si chiude in casa davanti a uno schermo trova un equilibrio ma dimentica tutte le cose belle che ci sono fuori, nella vita reale».