NICOLA PALMA
Cronaca

Presa la borseggiatrice seriale con 16 alias e 6 figli: deve scontare 20 anni di carcere, ma dichiara di essere incinta

Milano, la 29enne bosniaca Patrizia Hamidovic arrestata dalla polizia dopo un controllo alla Barona: il primo colpo risale al 2015

Le borseggiatrici nomadi immortalate dalle telecamere mentre derubano una turista

Le borseggiatrici nomadi immortalate dalle telecamere mentre derubano una turista

Milano – Fine pena: 18 novembre 2043. Patrizia Hamidovic deve scontare 20 anni e un mese di reclusione, effetto di un cumulo pene per una lunga serie di condanne per furti, scippi e rapine. Agli agenti che l’hanno ammanettata due giorni fa, ha dichiarato di essere al secondo mese di gravidanza, ma è finita comunque a San Vittore dopo un controllo medico alla Mangiagalli.

Profilo da borseggiatrice seriale, la 29enne bosniaca, a meno di clamorose omonimie, è la stessa che il 13 gennaio 2020 fu denunciata insieme alla complice Fadila Hamidovic dai carabinieri della stazione Rogoredo dopo un colpo sul filobus 91: le verifiche nelle banche dati delle forze dell’ordine rimandarono i 16 alias e la sfilza di precedenti; all’epoca 25enne, Patrizia era incinta alla tredicesima settimana ed era già madre di cinque figli. Gli accertamenti sull’identità fecero pure emergere il cumulo pene da 8 anni e 2 mesi, già differito nel febbraio 2019 perché ai tempi la donna, domiciliata nel campo nomadi di via Monte Bisbino, stava aspettando il quinto bambino.

Ora ci risiamo. Alle 10 di giovedì, un equipaggio dell’Ufficio prevenzione generale della Questura l’ha intercettata per caso in via Voltri; alla vista della Volante, la donna si è subito voltata per evitare di essere fermata. Quel movimento ha insospettito i poliziotti, che a quel punto hanno deciso di controllarla: dai terminali è venuto fuori l’ordine di esecuzione emesso dal Tribunale di sorveglianza il 7 giugno 2023, con cumulo pene "lievitato" a 20 anni e un mese.

Hamidovic ha preferito non dare notizia dell’arresto né al consolato né ai familiari, spiegando però di essere incinta. Il nome della bosniaca era già emerso nel dicembre del 2015, a valle dell’indagine che portò ai domiciliari anche i due investigatori dell’Antiborseggio della Mobile Cosimo Tropeano e Donato Melella, condannati in via definitiva nel 2018 dalla Corte di Cassazione a sei anni per aver costretto alcune nomadi a dividere il bottino delle scorribande in Stazione Centrale, arrivando a minacciarle di togliere loro i figli se non avessero assecondato le richieste di denaro (almeno 1.600 euro in due distinti episodi contestati).

In Appello, l’iniziale accusa di concussione (abbinata a quella di falso in atti d’ufficio) è stata riqualificata in induzione indebita, con riduzione della pena di un anno rispetto ai 7 comminati in primo grado. In quell’operazione, condotta da Mobile e Polfer, ci finirono pure 23 nomadi serbo-bosniaci, tra cui molte donne, sospettati di essere componenti di un’associazione a delinquere specializzata in furti. Le indagini coordinate dal pm Francesco D’Alessio misero nel mirino proprio le due Hamidovic, Fadila e Patrizia, considerate le promotrici dell’organizzazione perché avrebbero "selezionato le persone che dovevano compiere i colpi".