Allarme povertà a Milano, oltre 2.000 senzatetto e un esercito di indigenti: “Si deve vivere con 879 euro”

Le associazioni in prima linea: +20% di richieste di cibo, casa e occupazione. "Il lavoro c’è ma gli stipendi non bastano". Primi effetti della soppressione del reddito di cittadinanza

I volontari di Pane Quotidiano distribuiscono alimenti in viale Toscana

I volontari di Pane Quotidiano distribuiscono alimenti in viale Toscana

Il numero di senzatetto, a Milano, resta sostanzialmente stabile anno dopo anno. Aumentano in maniera drammatica, invece, i milanesi precipitati nella povertà, che hanno un’abitazione spesso precaria o un lavoro ma sono costretti a chiedere aiuto per il cibo o le necessità della vita quotidiana. Una fotografia che emerge incrociando i dati delle associazioni che lavorano sul campo, a contatto con una popolazione colpita dal carovita e lasciata ai margini di una città che corre.

Secondo i primi dati di un censimento avviato nel giugno scorso dalla Fondazione Debenedetti, sono 2.021 i senzatetto a Milano: 1,5 persone ogni 1000 abitanti, lo 0,95% della popolazione. L’80% sono uomini, 1001 vivono in strada e 1020 nelle strutture di accoglienza notturne. Un numero che si è di poco ridotto rispetto all’ultimo censimento, che risale all’inverno 2018, quando erano stati contati 2068 senzatetto.

Dalla pandemia in poi, però, è cresciuta la fascia di popolazione povera, colpita da inflazione e carovita. Il progetto “Nessuno escluso“ di Emergency ha registrato lo scorso ottobre un aumento del 20% delle richieste di aiuto per cibo, cure mediche, casa o lavoro rispetto allo stesso mese del 2022. Duemila famiglie seguite (il 25% italiani e il resto stranieri di diverse nazionalità), per un totale di ottomila persone. Un reddito medio di 879 euro al mese a famiglia, sussidi compresi, che a Milano rende la vita impossibile.

"È indicativo il fatto che si è riusciti a trovare un impiego, soprattutto in settori come la cura della persona, le pulizie o la ristorazione, per il 20% delle 1100 persone che ci hanno chiesto aiuto per il lavoro – spiega Marco Latrecchina, responsabile del progetto – mentre solo per 23 delle 760 persone che ci hanno chiesto aiuto per la casa si è riusciti a trovare un alloggio stabile. Per altre 19 abbiamo trovato solo una soluzione tampone. Significa che il territorio offre lavoro – prosegue – ma le opportunità lavorative non si traducono in un miglioramento delle condizioni abitative. Gli stipendi non sono sufficienti per garantire una vita dignitosa, siamo andati oltre i “working poor””.

La casa, con i suoi costi schizzati alle stelle, spicca quindi come la vera emergenza, visto che il 51% delle persone che si sono rivolte a Emergency "vive in una abitazione disagiata secondo la categoria Istat". Coabitazioni temporanee, occupazioni abusivi, alloggi affittati in nero che rendono impossibile ottenere la residenza e quindi l’accesso al welfare locale.

Poi c’è l’effetto delle stretta sul reddito di cittadinanza, che si sta facendo sentire. "Il meccanismo del reddito di cittadinanza aveva le sue storture – spiega Ulderico Maggi, responsabile della sede milanese della Comunità di Sant’Egidio – ma oggettivamente ha dato respiro a tante persone durante la pandemia. Chi continua a percepire il sussidio riceve un importo più basso rispetto a prima, aggravando l’indigenza. Per Milano non è un periodo felice e uno dei problemi più grossi è la solitudine e l’isolamento. Questa città deve fermarsi e ripartire dai più poveri, serve un cambio di rotta perché le risorse messe in campo non sono più sufficienti".

Anche la ong Coopi attiva dal 1999 a Milano, che distribuisce pacchi alimentari a domicilio e nei centri di raccolta a San Siro e al Gallaratese, registra richieste d’aiuto in aumento dopo "l’esplosione registrata durante la pandemia". Ogni mese ricevono sostegno 450 famiglie: il 21% in più rispetto al 2021, e l’80% in più rispetto ai numeri del 2020.

"Le richieste arrivano tutti i giorni – spiega Federico Pirola, referente del progetto Contrasto alla povertà di Coopi – ed è preoccupante anche l’aumento di domanda di latte in polvere per i neonati. Significa che, in una città come Milano, ci sono mamme che hanno problemi di povertà alimentare".

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