REDAZIONE MILANO

In ritardo per Inter-Napoli dell’87. Poliziotto sanzionato 28 anni dopo

Solo 2 giorni fa i giudici hanno confermato la sospensione di un mese. L'agente fece ricorso al Tar che emise il verdetto nel 2009. A quel punto il Ministero dell'Interno impugnò la decisione in Consiglio di Stato di Nicola Palma

Maradona in azione contro l'Inter

Milano, 30 settembre 2015 - C’erano ancora la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista. C’erano Gorbaciov e la Thatcher. E Papa Wojtyla in tv su Canale 5. Di questo si parlava sui giornali di domenica 22 marzo 1987. Al pomeriggio, in un Meazza stracolmo, si giocò il match di cartello Inter-Napoli. Finì 1-0 per i padroni di casa (anche se alla fine lo scudetto l’avrebbero vinto gli azzurri di Diego Armando Maradona) con uno dei pochissimi gol dello «Zio» Beppe Bergomi che s’improvvisò attaccante e colpì con un destro all’incrocio dei pali.

Quel giorno, Vittorio T., agente scelto del Reparto mobile della Polizia di Milano, avrebbe dovuto prendere servizio alle 8 per occuparsi dell’ordine pubblico in piazza Axum e dintorni. Vittorio si presentò con un quarto d’ora di ritardo, e nove mesi dopo l’allora Capo della Polizia Vincenzo Parisi gli affibbiò la sanzione di un mese di sospensione. Ora, a più di 28 anni di distanza, quel provvedimento è stato confermato dal Consiglio di Stato.

Ventotto anni dopo, avete capito bene. Ricostruiamo la vicenda. L’agente punito fa ricorso al Tar, che emette il suo verdetto nel 2009: il Tribunale accoglie le doglianze del poliziotto, ritenendo eccessiva la sanzione comminata «anche tenendo conto della carriera svolta dal ricorrente». Secondo il collegio di via Corridoni, inoltre, «dal fatto che sia stato contestato all’agente un solo episodio di ritardo nell’assunzione del servizio, ritardo ritenuto dovuto a lieve malessere, non poteva derivare automaticamente l’applicazione della sanzione della sospensione per un mese dal servizio». Il Ministero dell’Interno non ci sta e impugna la decisione in Consiglio di Stato. Così arriviamo faticosamente ai giorni nostri per scoprire che dalla lettura del decreto del Capo della Polizia, notano i giudici romani, «emergerebbe che le giustificazioni del ritardo (esigenze fisiologiche) fornite dal ricorrente sono state comparate con le numerosissime sanzioni irrogate in precedenza all’agente (richiami scritti, sospensione del servizio per 3 mesi, deplorazione, per 9 volte pene pecuniarie, consegna per giorni 5 e consegna di rigore per 15 giorni), alcune, in particolare, per violazioni del tutto analoghe a quella in esame».

Altro che prima volta, verrebbe da dire: Vittorio era un recidivo. Per di più, sottolineano dal Viminale, il ritardo di T. mise in difficoltà l’intero Reparto mobile «per averne ritardato la partenza verso la zona in cui doveva svolgersi il delicato servizio e senza informare tempestivamente il reparto del suo impedimento». Aggiugeteci pure che il ritardo incise «su un’operazione di ordine pubblico particolarmente delicata, in cui la tempestività della presenza della forza pubblica era essenziale». La conclusione: «grave» negligenza, giusto punire. 28 anni dopo. Nel frattempo, con ogni probabilità, Vittorio sarà andato in pensione. Di sicuro sappiamo che la Dc e il Pci non esistono più da un pezzo. Gorbaciov ha 84 anni, la Thatcher e Wojtyla sono purtroppo passati a miglior vita. E i protagonisti di Inter-Napoli? Bergomi ha meno sopracciglia e fa il commentatore televisivo. Maradona ha più chili addosso e ogni tanto le spara grosse. Certe cose non cambiano mai. Come l’esasperante lentezza della giustizia italiananicola.palma@ilgiorno.net