
Una bomboletta spray (Foto di repertorio Ravaglia)
Milano, 7 gennaio 2019 - Anche se di «natura artistica», le opere dipinte sui muri senza consenso del proprietario, come le poesie sui muri di Milano realizzate dallo 'street artist' Ivan Tresoldi, costituiscono comunque un «imbrattamento». Lo scrive il giudice monocratico milanese Roberto Crepaldi nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 28 settembre, ha condannato l'artista 37enne al pagamento di 500 euro di multa, con pena sospesa, per i suoi versi comparsi nel capoluogo lombardo tra il 2011 e il 2014.
Un caso giudiziario nato per via di una scritta comparsa sul muro di fronte alla Biblioteca Bicocca, a Milano, che ha portato un gruppo di guardie ecologiche a sporgere denuncia. Interrogato dalla polizia locale, Tresoldi, difeso dall'avvocato Angela Ferravante, si era autodenunciato portando con sé una ventina di foto dei suoi interventi sui muri cittadini. Da qui l'inchiesta del pm Elio Ramondini, che ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio dell'artista, e l'inizio del processo per imbrattamento, in cui Aler e Comune di Milano si sono costituiti parti civili.
Il giudice, in sostanza, ha messo sullo stesso piano il diritto alla «libertà artistica», sancito dall'articolo 33 della Costituzione, e quello alla «proprietà»: «solo il proprietario (o possessore, se diverso) - si legge nella sentenza - è legittimato a decidere quale sia l'aspetto estetico del bene». Con la conseguenza, continua il ragionamento del magistrato, che «qualsiasi alterazione della nettezza e dell'estetica stabilita dal proprietario lede tale diritto e comporta un danno al patrimonio di quest'ultimo»