Poca carriera e troppo stress. Donne al lavoro tre anni dopo

Gli ultimi dati della ricerca “Italian Lives“ dell’Università Bicocca su 9mila persone di 280 Comuni. Le ragazze studiano di più: primo impiego a 24 anni. Il 59,3% degli intervistati si sente sotto pressione.

Possibilità di carriera? Scarse. Stress altissimo. Un lavoratore su due dice che non ci sono molte prospettive. Per le donne delle generazioni X e Millennials, l’ingresso nel mondo occupazionale avviene tre anni in ritardo rispetto ai maschi. E impiegano un mese in più a uscire dal primo episodio di disoccupazione. A scattare la fotografia della qualità del lavoro in Italia è il dipartimento di Sociologia dell’Università di Milano-Bicocca, aggiungendo un altro tassello all’indagine longitudinale e pluriennale “Italian Lives”. Il 60 per cento degli intervistati - novemila individui (di cinquemila famiglie) che appartengono a 280 Comuni di tutta Italia – percepisce invece come abbastanza adeguati: retribuzione, orari, riconoscimento del merito e supporto relazionale. Entrando nel dettaglio, il 54,4 per cento del campione ritiene scarse le prospettive di carriera. Il 56,2% dice che il lavoro lo impegna molto fisicamente e il 59,3% si sente sotto pressione per ritmi e scadenze temporali. "Un dato confermato purtroppo da livelli ormai intollerabili di infortuni e morti", sottolinea Serafino Negrelli, docente della Bicocca e direttore dell’Istituto Iassc. Il 58,2 per cento degli intervistati sostiene di ricevere supporto e aiuto da colleghi e vertici. Dalle analisi condotte sempre sui dati Ita.Li da Mario Lucchini, Davide Bussi, Carlotta Piazzoni del dipartimento di Sociologia emerge "un innalzamento progressivo dell’età di completamento degli studi e un conseguente ritardo dell’ingresso nel mercato del lavoro, della costituzione delle unioni matrimoniali e della genitorialità". Le donne nelle generazioni X e Millennials "studiano di più rispetto ai coetanei maschi ed entrano più tardi nel mercato del lavoro. Mostrano un’età mediana di ingresso nel mercato del lavoro che si attesta a 24 anni, tre anni in più rispetto ai coetanei uomini".

Questa differenza di genere "è da imputare alla persistenza di stereotipi, norme, modelli culturali e carenza di domanda di lavoro che penalizzano in primo luogo le donne meridionali. Va comunque sottolineato che nelle generazioni più recenti l’età mediana delle donne al Sud si è ridotta significativamente, segno di un profondo cambiamento culturale e di un allentamento della specializzazione dei ruoli di genere". Altro dato: "La mobilità di lavoro cresce nel volgere delle coorti - sottolineano da Bicocca - segno che le traiettorie lavorative diventano più differenziate e incerte".

Si.Ba.

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