
Una cava
Vaprio d'Adda (Milano) - La giunta regionale ha detto sì al piano cave di Città metropolitana, ora la palla passa al Consiglio lombardo, ma la minoranza di Vaprio non getta la spugna: "Contro i quattro Duomo di Milano con cui dovremo fare i conti, secondo le previsioni dell’ex provincia, siamo decisi a giocarci tutte le carte. Ne va del nostro territorio", dice il capogruppo Francesco De Marchis (Vaprio in Movimento). Per spuntarla, non scarta l’accordo con la maggioranza, che a propria volta aveva espresso delle perplessità sull’ampliamento dell’area estrattiva, appena approvato anche dal Pirellone. "Qui è a rischio il futuro turistico del percorso di Leonardo", spiega l’opposizione. Il 28 giugno nel borgo rivierasco si discuterà proprio una mozione che ha l’obiettivo di unire le forze per "scacciare le ruspe". La battaglia è cominciata alcune settimane fa, dopo la conferma da parte di Città metropolitana che in paese si sarebbe ricominciato a cavare, dopo anni di stop.
«Palazzo Isimbardi ha previsto di allargare il perimetro estrattivo con un milione e mezzo di metri cubi, i famosi tre Duomi di Milano. Il 40% in più di oggi – ricorda il capogruppo –. Siamo al confine con la futura piattaforma Lidl, il danno per l’area è doppio". Ma c’è un’altra cava nella cava, "sempre grande come un Duomo, si tratta di quella di prestito servita a Brebemi e mai coperta. L’ex provincia se l’è scordata, ci sono ancora i crateri a cielo aperto". E non è il solo problema. "C’è la contraddizione del piano strategico di Palazzo Isimbardi che prevede per Vaprio uno sviluppo turistico di qualità, una crescita basata sulla nostra bellezza. Ma dove vengono i visitatori, tra bulldozer e capannoni?".
Timori condivisi dal sindaco Luigi Fumagalli, contrario al raddoppio della buca lungo la Sp 525: "Non c’è necessità di questa operazione". Accanto ai 200mila metri quadrati del giacimento aperto nei primi anni Duemila, arriveranno i 125mila della catena tedesca dei supermercati alimentari: "Un terzo dei nostri sette chilometri quadrati di territorio è costruito, troppo per un piccolo centro che ambisce a diventare un modello di sostenibilità – sottolinea De Marchis –. Se ci guardiamo intorno ci ritroviamo stretti fra l’inceneritore di Trezzo e la centrale di teleriscaldamento a Cassano. A Milano diciamo che abbiamo fatto la nostra parte". Gli occhi sono puntati sul Pirellone, la periferia è decisa a far sentire la propria voce in centro.