
Documenti per il rilascio del permesso di soggiorno (foto generica di repertorio)
Milano, 30 gennaio 2020 - Sette condanne per i permessi “facili”. Otto anni e nove mesi di reclusione all’ex poliziotto Domenico Rubino e altre 6 condanne, di cui 4 sempre a carico di ex agenti, a pene tra un anno e 7 mesi e oltre 6 anni. Sono le sanzioni inflitte dal tribunale nel processo su un giro di permessi di soggiorno “facili” rilasciati in cambio di denaro o di altre utilità come computer, cene o il pagamento del bollo auto.
Processo che, in particolare, vedeva imputati poliziotti un tempo in servizio o presso l’Ufficio immigrazione della Questura o presso i commissariati Lorenteggio e Porta Genova, un funzionario e un mediatore cinese. La condanna più alta di 8 anni e 9 mesi, a seguito dell’inchiesta coordinata dal pm Paolo Filippini con al centro le accuse di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, è stata inflitta all’ex sovrintendente capo Rubino, arrestato nel 2017, con in più la confisca di villa Magnaghi, dimora settecentesca a Marcallo con Casone, nel milanese, intestata alla moglie del poliziotto. Nell’inchiesta, che aveva portato agli arresti nel novembre del 2017, sono stati contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, falso ideologico e accesso abusivo a sistema informatico per quel giro di permessi “facili” rilasciati in cambio di cifre che variavano tra "i 200 e i 5000 euro" e altre utilità.
Gli importi di denaro in contante incassati per rilasciare i permessi erano così elevati, secondo l’accusa, da consentire a Rubino, presunto capo dell’associazione per delinquere (assieme ad un altro indagato tuttora latitante) la villa del ‘700 alle porte di Milano di cui ieri i giudici della decima penale (Guidi-Minerva-Valori) hanno disposto la confisca.
Nell’indagine, come aveva spiegato testimoniando in aula un investigatore, sono state esaminate oltre 200 pratiche "anomale", molte di più delle circa 70 contestate agli imputati (un altro mediatore cinese era stato già condannato in abbreviato). L’investigatore, ad esempio, aveva parlato anche del caso di due coniugi cinesi che avrebbero chiesto lo “sconto” per ottenere un permesso di lungo temine a Yu Xieshi, ristoratore cinese ritenuto uno degli intermediari assieme a Duandi Yang, che avrebbe loro spiegato via WhatsApp che non poteva scendere sotto "gli 11 mila euro".