REDAZIONE MILANO

Paura, orgoglio e un’immensa solitudine Quel grido terribile per la morte di una collega

"Era il 5 marzo. Ricordo quel giorno come se fosse ieri e allo stesso tempo sembra lontano un secolo. Ero di guardia in Rsa e la caposala mi chiamò esordendo con un laconico “Ci siamo“. Una paziente aveva la febbre. Il giorno dopo un’altra paziente ebbe febbre e dispnea e tre giorni dopo una dozzina di altre pazienti manifestarono gli stessi sintomi. “Ci siamo“. Fu solo l’inizio. Nei giorni successivi ci fu un’esplosione di casi in tutta la struttura (...) Ricordo la frenesia mentre cercavamo di fermare la piena di un fiume con le mani. Disarmati di fronte a una malattia sconosciuta. Ricordo una sera terribile: sussultai nel mio studio, sentendo un urlo provenire dal reparto. Corsi trafelata e vidi un’ausiliaria accasciata sulla sedia, in lacrime e con il viso quasi trasfigurato. Aveva appena saputo che una sua collega era deceduta in ospedale. L’orgoglio si è improvvisamente trasformato in delusione, schiacciato dalla gogna mediatica sulle presunte “malpractice“ in Rsa".