Marina
Martini*
Con una recentissima pronuncia, la Corte Costituzionale ha escluso l’automatismo precedentemente in vigore relativo all’attribuzione ai figli del cognome paterno come previsto dall’art. 262 del codice civile. Questo significa che l’attribuzione del cognome del padre non è più stabilita d’imperio dalla norma di legge ma rientra in una scelta rimessa ai genitori i quali potrebbero anche optare per l’attribuzione del cognome della madre. Per secoli l’attribuzione ad un figlio del solo cognome materno ha rappresentato il segno identificativo di una nascita illegittima e quindi di una vergogna sociale e benchè oggi il contesto culturale sia completamente mutato e il legislatore abbia parificato la posizione dei figli nati al di fuori del matrimonio a quella dei nati da una coppia unita in matrimonio, l’imposizione del cognome paterno ha continuato a resistere per lungo tempo alle proposte di modifica avanzate da più parti.
I fautori dell’abolizione dell’automatismo di attribuzione del cognome paterno si richiamavano alla necessità di rendere effettivo il principio di uguaglianza sancito nella nostra Costituzione e già nel 2006 la Corte Costituzionale aveva evidenziato tale contrasto definendolo il retaggio di una società patriarcale. Oggi la pronuncia della Corte Costituzionale ha recepito questa esigenza anche se sarà il Parlamento a dover specificare la nuova disciplina sulla materia al fine di evitare situazioni di incertezza applicativa con aumento del contenzioso avanti ai giudici. I tribunali, infatti, sono già stati investiti dai primi contenziosi: il tribunale di Pesaro, nello specifico, ha accolto il ricorso della madre di un figlio minorenne che chiedeva il riconoscimento anche del proprio cognome nonostante l’opposizione del marito. Il tribunale, facendo propria la decisione della corte Costituzionale, ha accolto il ricorso della madre ordinando all’ufficiale di stato civile di aggiungere il cognome della madre al cognome paterno. L’Italia si affianca quindi, in forza della pronuncia della Corte Costituzionale, sia pure con ritardo, a quanto accade da tempo nella maggior parte degli altri Paesi europei come la Francia, la Germania, la Spagna. Ed anzi proprio questo ritardo era stato sanzionato nel 2014 dalla Corte Europea dei diritti umani che , a seguito del ricorso di una coppia italiana cui era stato impedito di attribuire alla figlia il solo cognome materno, aveva condannato l’Italia per la mancanza di legislazione in materia. Si tratta di un passo, sia pure tardivo, che riveste grande importanza anche simbolica nel percorso, ancora non completato, di assoluta parità tra uomo e donna anche nell’ambito della famiglia. *Avvocato