MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Partigiana morta a Bergen-Belsen. Un giardino dedicato a Jenide Russo

Piazzale Bacone, oggi la cerimonia d’intitolazione. "Non hanno avuto la soddisfazione di vedermi parlare"

Piazzale Bacone, oggi la cerimonia d’intitolazione. "Non hanno avuto la soddisfazione di vedermi parlare"

Piazzale Bacone, oggi la cerimonia d’intitolazione. "Non hanno avuto la soddisfazione di vedermi parlare"

Milano onora Jenide Russo, operaia e partigiana milanese: oggi alle 11 ci sarà la cerimonia d’intitolazione del giardino di piazzale Bacone a lei dedicato. Nel 1943, dopo l’Armistizio, Russo ha preso parte alla Resistenza come staffetta al seguito di Egisto Rubini, responsabile dei Gap della Lombardia. Arrestata nel 1944 e deportata nei campi di concentramento come oppositrice politica, si è spenta il 26 aprile 1945 a Bergen-Belsen. Nel 2019 in via Paisiello 7, davanti alla casa dove visse con la mamma e le sorelle, è stata posta una pietra di inciampo in sua memoria. Oggi arriva l’intitolazione del giardino. L’evento fa parte del palinsesto di iniziative “Tempo di Pace e di Libertà” a cura del Comune e dedicato all’80° Anniversario della Liberazione.

Jenide (Eneidina) Russo nasce a Milano il 23 giugno 1917 e cresce a Città Studi. Operaia, la sua vita cambia dopo l’8 settembre 1943, quando conosce Renato, partigiano della Brigata Garibaldi attiva in Val d’Ossola e si avvicina alla Resistenza. Diventa staffetta partigiana nel distaccamento “5 Giornate”. Trasporta armi, esplosivi e messaggi rischiando ogni giorno la vita. Il 18 febbraio 1944 viene arrestata in via Aselli mentre trasporta una borsa contenente nitroglicerina. Jenide viene condotta nel carcere di Monza, dove subisce torture violente. In una lettera clandestina alla madre scrive: "Siccome non volevo parlare con le buone, allora hanno cominciato con nerbate e schiaffi. Però non hanno avuto la soddisfazione di vedermi gridare, piangere e tanto meno parlare". Poi il trasferimento a San Vittore, a Fossoli e in Germania nel lager femminile di Ravensbrück, dove si ammala di tifo petecchiale. Poi viene spostata a Bergen-Belsen, dove muore. "Di’ pure che ho mantenuto la parola di non parlare: credo che ora saranno tutti contenti di me", scrive in un biglietto. M.V.