Strage di Paderno, l’analisi degli psicologi su Riccardo: “Mancanza di rimorso e un vuoto emotivo spaventoso”

Il diciassettenne ha ucciso il fratellino, la madre e il padre. Gli psicoterapeuti sono concordi su una cosa: “È fondamentale che in famiglia venga data voce alle emozioni, anche a quelle più disturbanti che hanno i ragazzi”

“Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio”. Queste parole, insieme alla fragilità psichica che le sottende, sono destinate ad essere esaminate, scandagliate, studiate: allo scopo di comprendere come un ragazzo di 17 anni “normalissimo” – questo il termine utilizzato da amici e conoscenti – possa arrivare ad a uccidere a coltellate il fratellino, la madre e il padre. Le ha pronunciate Riccardo C., il giovane autore del triplice omicidio avvenuto il primo settembre a Paderno Dugnano, nel Milanese. Mentre confessava il delitto, il diciassettenne ha detto che da qualche tempo provava un “malessere” che lo ha portato all’assassinio “dopo averci pensato per qualche giorno”.

“Mente profondamente disturbata”

Quelle parole, “svelano un dramma interiore profondo, in cui l’incapacità di gestire la rabbia e la frustrazione si è trasformata in un detonatore letale”, ha spiegato lo psicoterapeuta Giuseppe Lavenia, presidente dell’Associazione nazionale dipendenze tecnologiche, gap e cyberbullismo. “Quando un individuo si sente così oppresso da compiere un gesto così estremo – ha aggiunto – emerge una chiara difficoltà nel gestire le proprie emozioni e nel trovare strumenti adeguati per affrontare il conflitto interiore. Tuttavia, questa situazione denuncia anche qualcosa di più grave: la presenza di una mente profondamente disturbata, incapace di distinguere tra realtà e percezione distorta della stessa”.

Approfondisci:

Riccardo ha colpito tutti alla gola per non farli urlare: la sequenza dell’omicidio di Paderno

Riccardo ha colpito tutti alla gola per non farli urlare: la sequenza dell’omicidio di Paderno

Secondo lo psicoterapeuta, “il ragazzo non solo non ha saputo gestire la frustrazione, ma è stato anche vittima di un disturbo psichiatrico profondo, incapace di elaborare la realtà in modo sano. La sua mancanza di rimorso e l’assenza di una richiesta di perdono non sono solo segni di freddezza, ma indicano un vuoto emotivo spaventoso che ha trasformato la sofferenza in violenza.

“Serve un’educazione emotiva”

“Di fronte a un evento così drammatico – afferma Lavenia – dobbiamo fermarci a riflettere sul ruolo centrale dell’educazione emotiva. Troppo spesso, le famiglie si concentrano sul benessere materiale, trascurando l’importanza di insegnare ai figli come gestire la rabbia, la frustrazione e il dolore. La capacità di riconoscere e affrontare queste emozioni è fondamentale per prevenire che il disagio interno si trasformi in azioni distruttive. In questo caso, ciò che emerge in modo inquietante è che il pericolo non proviene dall'esterno, ma nasce dentro le mura domestiche, nelle emozioni non elaborate e nelle dinamiche familiari irrisolte.

Approfondisci:

Riccardo, l’assassino inimmaginabile: ritratto del ragazzo che si sentiva “un corpo estraneo”

Riccardo, l’assassino inimmaginabile: ritratto del ragazzo che si sentiva “un corpo estraneo”

“I giovani faticano a esprimere le emozioni”

“Fortunatamente stragi così gravi capitano raramente”, dichiara Matteo Lancini, psicologo, psicoterapeuta e presidente della Fondazione “Minotauro” di Milano. Tuttavia, spiega, “anche in casi in cui non è stato portato a compimento il progetto omicidiario sappiamo che queste vicende hanno a che fare con ciò che accade all'interno della famiglia. Ognuna di esse ha delle caratteristiche uniche e specifiche che difficilmente si possono generalizzare”, “posso solo dire che spesso non sono premeditate e strutturate”.

"Sempre più spesso i fatti di cronaca e il lavoro quotidiano che facciamo anche al centro Minotauro ci restituiscono un quadro di ragazzi che faticano enormemente a esprimere gli aspetti emotivi, i conflitti e i sentimenti più disturbanti relativi al proprio contesto familiare e amicale in qualche cosa che diventi simbolo, parola e condivisione. La relazione viene annullata e si ricorre al gesto disperato”.

Approfondisci:

Massacro in famiglia, l’incredibile confessione di Riccardo: “Mi sentivo oppresso, per questo li ho uccisi”

Massacro in famiglia, l’incredibile confessione di Riccardo: “Mi sentivo oppresso, per questo li ho uccisi”

“Non sappiamo se è un problema psicopatologico”

Nel caso specifico di Riccardo e della strage di Paderno Dugnano, avverte però Lancini, “bisogna attendere le perizie e tutti gli accertamenti della procura e del tribunale minorile. Senza dubbio ci troviamo davanti a un disagio e un dolore mentale che, però, non necessariamente possiamo subito attribuire a una psicopatologia”.

D’altra parte, lo psicologo sottolinea che “l’uso da armi da taglio tra i giovani è sempre più diffuso”. E conclude: “L’unica risposta, che spesso non piace agli adulti, ma che possiamo trarre da queste vicende è che non dobbiamo mai smettere di dare voce alle emozioni anche più disturbanti che hanno i ragazzi”, “dobbiamo trasformare questa terribile vicenda in un'occasione di sviluppo, crescita e possibilità di mettere in parola. Quando si consente a un adolescente di verbalizzare il proprio stato d’animo non vuol dire che gli si dà ragione solo perché lo si ascolta. Vuol dire gli si dà legittimità di parola e di pensiero, qualunque esso sia”.