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Mario Consani
MILANO
GLI HANNO installato un pacemaker, ma un mese dopo si è scoperto che potrebbe essere difettoso. Nessuno però gliel’ha comunicato direttamente. Ha dovuto scoprirlo da sé, dopo aver visto un programma tivù che denunciava casi analoghi. E da quel momento, con il pensiero che il defibrillatore potrebbe anche non funzionare, lui non riesce più a vivere. Così ha chiesto a tutti che glielo sostituiscano: all’ospedale, al produttore del cardioverter, persino al Ministero. Niente da fare: nessuno vuole prendersi il rischio di operarlo di nuovo e di pagargli i danni per il disturbo. Così ora l’uomo ha presentato denuncia in procura. È una vicenda che ha del paradossale. A.Z. 56 anni, residente in Campania, soffre di problemi cardiaci e nel luglio di un anno fa si fa impiantare un pacemaker all’ospedale San Luca di Vallo della Lucania. Intervento perfettamente riuscito. Solo che meno di mese dopo l’azienda produttrice dello strumento, la multinazionale Usa St. Jude Medical, con sede italana ad Agrate, diffonde agli ospedali un «avviso di sicurezza». È la stessa ditta un cui diverso defibrillatore malfunzionante provocò - secondo i giudici di primo grado - l’arresto cardiaco di una donna dell’hinterland milanese che da quattro anni ormai vive in stato vegetativo permanente. Nell’«avviso» la St. Jude comunica che la serie di pacemaker Ellipse del tipo impiantato anche a Z. presenta «un’anomalia del condensatore ad alta tensione... che potrebbe impedire o causare un ritardo nell’erogazione di parte o di tutte le scariche...». E prega perciò i medici «di non utilizzare gli altri dispositivi Ellipse... che verranno ritirati e sostituiti...». D’accordo: ma chi uno l’ha già in corpo? Z. ovviamente lo chiede alla St. Jude, ma quelli minimizzano i rischi. Eppure anche l’Aiac, l’Associazione italiana aritmologia e cardiostimolazione, scrive che, in questi casi, nella decisione su sostituire o meno il pacemaker “dovrà essere tenuta in considerazione primaria la preferenza individuale del paziente”. E invece nessuno sembra voler raccogliere la richiesta di Z. Non certo l’Asl di Salerno, quella da cui dipende l’ospedale San Luca dove l’uomo è stato operato.
E IL MINISTERO della Salute? Si limita a fornire rassicurazioni al paziente sul fatto che «non si evince alcuna problematica connessa all’impianto del dispositivo». Eppure Z. non si rassegna. E facendosi aiutare dagli avvocati Nicola Brigida e Marcello Gentili presenta denuncia alla procura milanese, competente perché la sede legale della St.Jude Italia è nell’hinterland. I legali sottolineano nella querela come il rischio che il pacemaker non funzioni abbia causato da mesi a Z. uno stato ansioso con disturbi del sonno, certificato dai sanitari, tale da configurare un danno psichico nei suoi confronti e una responsabilità per lesioni - quanto meno colpose - in capo a chi, vertici della St. Jude o responsabili della Asl salernitana, fa finta di non sentire le insistenti richieste del paziente.