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Milano, 8 agosto 2016 - "Tutto è iniziato quasi per gioco. Inseguendo una passione che si è rivelata trascinante non solo per me ma anche per altri, a giudicare dal seguito. Quanti follower ho?

Orazio Spoto è un instagramer, ossia un comunicatore digitale che sa abilmente usare i Social media per "influenzare" gli utenti. Non a caso è anche segretario dell’associazione Instagramers Italia e co-fondatore di Igers Italia e Milano, e uno fra gli «influencer» italiani più noti. Produttore di contenuti e anche docente.
Insomma anche lei fa storytelling, termine abusatissimo, ma di che cosa? "Ha detto bene, abusato, quindi parliamo di racconto, di condivisione. Instagram non è solo fotografia, è socialità. Chi guarda la mia foto condivide anche una mia visione, un mio contenuto. Mi occupo di turismo, solitamente racconto territori spaziando dalla Lombardia al Lazio".
Fa parte del gruppo di influencer che la Regione Lombardia ha assoldato anche per raccontare meglio il lago d’Iseo che ha avuto un boom di presenza con il progetto dell’artista Christo, The Floating Piers? "Certo. Stiamo continuando a raccontarlo questo angolo meraviglioso della Lombardia per far capire che anche senza la passerella merita una visita. Le presenze turistiche sono aumentate".
Lei è romano che ci fa in Lombardia? "Sono venuto a Milano per amore, mia moglie è ferrarese e si era trasferita a Milano per fare la giornalista. L’ho raggiunta. Ci vivo da 16 anni e sono molto legato alla città. Ho imparato ad apprezzare molto anche la Lombardia, scoprendo luoghi interessanti che cerco di raccontare con entusiasmo, oggettività e una chiave personale".
Ad esempio? "Mi ha colpito la Valtellina perchè non c’è solo sport ma ha una storia, un patrimonio artistico ingente ma poco noto. Anche Varese è una città da riscoprire e valorizzare in chiave sportiva. Equitazione, volo e sport acquatici come la canoa. Hanno meritato alcuni miei focus".
E fuori regione? "Il Friuli Venezia Giulia, ad esempio, ha tanto da offrire, a partire da una vera riscoperta di Trieste che non è fotografata a sufficienza sino alle aree interne, montuose".
Bella responsabilità fare l’influencer, ma si campa anche con questo mestiere in Italia? "A certi livelli direi di sì. Ma bisogna unire più cose. Io, per esempio, sono anche un docente per i social network e faccio formazione, alle aziende e anche ai giornalisti".
Fate concorrenza ai giornalisti? "Ma no, talvolta nella produzione dei contenuti ci si incrocia. La differenza è che spesso il giornalista lavora per un media di riferimento, mentre noi siamo autonomi, liberi professionisti. Lavoriamo producendo contenuti per le aziende che ce lo richiedono anche a fronte dei numeri che abbiamo in temini di follower. Eppoi per noi un’eccessiva capacità di cronaca non funziona perchè si perde quello stile che ci rende riconoscibili e seguiti. Possiamo però essere una fonte per i giornalisti".
Il principale nemico dell’influencer? "L’influencer stesso se non è capace di gestire l’immagine, se è troppo autoreferenziale e da narratore di emozioni diventa narratore di se stesso. Perde credibilità, rompe il patto con il proprio follower. Ci vuole equilibrio. E responsabilità. Ci sono influencer talmente bravi da condizionare positivamente gli eventi che segnalano ma senza inserirsi nella storia. Vince chi è risconoscibile con un suo stile".
C’è un evento da lei segnalato che ha avuto un boom in termini di contatti? "Una gara di swimrun sul lago d’Idro".
Un instagramer va mai in vacanza? "Sono sempre in vacanza! No, scherzo, è che non si riesce a staccare, i follower sono avidi di racconti, di notizie e noi cerchiamo di non deluderli. È un po’ come per voi giornalisti".