Omicidio Sarullo, processo dopo 12 anni: dei 4 indagati all’epoca, uno solo alla sbarra

Il guardiano del “Laghet“ di Bareggio annegò tentando di sfuggire al pestaggio subito dalla banda che aveva tentato di rapinarlo

I carabinieri sul luogo del delitto

I carabinieri sul luogo del delitto

Dodici anni per un processo. C’è voluto tanto per provare a far chiarezza sulla morte del guardiano del “Laghett di Amis“ di Bareggio, nel Milanese, dove Salvatore Sarullo si gettò ed annegò, era il 2009, nel disperato tentativo di salvarsi durante una rapina in cui era stato brutalmente aggredito. Così ieri il gup Guido Salvini, su richiesta del pm Giovanni Tarzia, ha disposto il rinvio a giudizio di un 39enne originario della Romania ritenuto responsabile, con altri complici al momento sconosciuti, di omicidio preterintenzionale oltreché di tentata rapina. Per la vicenda, nel 2010 era stato arrestato anche un altro romeno mentre altri due, presunti complici non vennero mai rintracciati. Ritrovandosi il fascicolo tra le mani solo a fine 2018, il pm Tarzia ha chiesto tre archiviazioni e solo per Draghici il rinvio a giudizio. Il processo per l’unico imputato, rintracciato l’anno scorso durante un casuale controllo di documenti, comincerà il prossimo 16 novembre davanti alla Corte d’assise. Nei confronti di “Turcu“, questo il soprannome dell’uomo, inquirenti e investigatori hanno raccolto una serie di prove, tra cui quella del suo dna su un passamontagna ritrovato ai margini dell’area del “Laghet.

Come si legge nel decreto che dispone il giudizio, Marius Elvis Draghici, con altri complici nomadi "non identificati", nella notte tra il 15 e il 16 giugno 2009, dopo aver scavalcato la recinzione del "carpodromo", ossia l’impianto di pesca sportiva, aveva tentato di entrare nell’abitazione di Sarullo per rapinarlo insieme a tre complici. La banda, sorpresa dalla sua reazione, aggredì il custode con una trave ed un bastone chiodato. Nel "tentativo di sottrarsi alla violenta e brutale aggressione", Sarullo scappò finendo per tuffarsi "nelle acque del laghetto, unica possibile via di fuga", dove però, a causa delle ferite riportate nel pestaggio, non riuscì a tenersi a galla e morì annegato, mentre la banda scappò dopo l’intervento del gestore dell’impianto. Già nel 2010 Draghici fu identificato come uno degli autori della rapina (era già in carcere per altre ragioni) insieme a un presunto complice, mentre gli ordini di custodia nei confronti di altri due romeni rimasero ineseguiti poiché non ci fu verso di rintracciarli. La svolta nelle indagini sulla banda era arrivata da una ragazza romena senza fissa dimora, che denunciò di aver subito violenza sessuale da un connazionale che si vantava, per l’appunto, della rapina al “Laghet“ di Bareggio.

Dopo il rinvio a giudizio dei due imputati finiti in cella, il processo venne però azzerato per errori di procedura. Nel frattempo, scaduti i termini di custodia cautelare, i due arrestati tornarono in libertà. Solo nel 2018 il fascicolo venne riassegnato al pm Tarzia. Draghici, rientrato in Italia dalla Romania, è stato rintracciato solo l’anno scorso durante un controllo casuale di documenti. A processo si presenterà da uomo libero.

Mario Consani

mail: mario.consani@ilgiorno.net

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