
I sigilli all'abitazione del professor Manesco ucciso il 7 agosto 2014 (NewPress)
Milano, 6 febrbaio 2018 - Ergastolo con isolamento diurno per sei mesi. La Corte di Cassazione ha reso definitiva la condanna per Gianluca Civardi, uno degli assassini del professore in pensione Adriano Manesco, ucciso con almeno ventidue coltellate e poi fatto a pezzi dal 33enne piacentino e dal complice Paolo Grassi (pure lui condannato separatamente al carcere a vita). A poco più di tre anni dalla morte dell’ex docente, si è chiuso l’iter processuale per entrambi i suoi killer. Ecco la ricostruzione, secondo quanto accertato nei tre gradi di giudizio. Il 7 agosto 2014, i due amici si presentano nell’appartamento di Manesco, che da qualche tempo frequentava Grassi. Dopo un pomeriggio passato insieme, i due immobilizzano il 78enne, gli estorcono i codici d’accesso al suo conto corrente e gli rubano computer, portafogli, telefonino e chiavetta per l’home banking. Poi avviene l’omicidio, particolarmente efferato: Civardi e Grassi cercano di strangolare Manesco senza riuscirci, poi lo accoltellano provocandogli «plurime lesioni da punta e da taglio al torace e al capo» fino a perforargli i bulbi oculari.
Poi fanno a pezzi il cadavere e ne occultano le parti sezionate: testa e visceri in una valigia poi buttata in un cassonetto della stazione ferroviaria di Lodi, braccia e mani in un altro sacchetto. Quindi, i due assassini salgono in macchina e raggiungono Piacenza. Lì vengono controllati e fermati dalla polizia mentre stanno cercando di liberarsi dei vestiti sporchi di sangue. Condannato all’ergastolo sia in primo grado che in Appello (con riduzione del periodo di isolamento da otto a sei mesi), Civardi aveva presentato ricorso in Cassazione chiedendo che non venisse contestata l’aggravante della crudeltà. Tesi respinta al mittente dalla Suprema Corte, che ha ritenuto legittima la decisione dei giudici di merito, reputando «l’azione lesiva» di Civardi e Grassi connotata «da particolare insensibilità, spietatezza ed efferatezza». E ancora, la Cassazione ha escluso che i due abbiano agito in quel modo perché presi dal panico, come invece sosteneva la difesa del 33enne: l’esame delle ferite ha certificato «accanimento meticoloso del gesto crudele».