Affori, omicidio Pozzi: la figlia giudicata in abbreviato

Udienza il 23 ottobre. La donna è l’unica accusata della morte del padre. Molti gli indizi, lei si è sempre proclamata innocente

Maurizio Pozzi, 69 anni, ucciso in casa

Maurizio Pozzi, 69 anni, ucciso in casa

Milano, 8 agosto 2020 - A quattro anni dall’omicidio, il 23 ottobre con rito abbreviato, sarà emesso il verdetto di assoluzione o di colpevolezza per Simona Pozzi, la 46enne, difesa dall’avvocato Franco Silva, accusata di avere ucciso il padre Maurizio. In abbreviato la Pozzi potrebbe essere assolta e il delitto resterebbe un "cold case" in attesa di un colpo di fortuna. In caso di condanna, invece, la donna usufruirebbe dello sconto di un terzo della pena.

La Pozzi, anche pubblicamente, si è sempre dichiarata innocente. Indizi a suo carico tanti, ma nulla di determinante, o meglio, nulla che al momento abbia convinto i giudici a pensarla colpevole e mandante di un omicidio così efferato. Non sarebbe stata lei, nel castello accusatorio costruito dai pm, l’esecutrice, sarebbe stata soltanto la mente. Il padre, storico commerciante di scarpe di Affori, Maurizio Pozzi fu ucciso nel suo appartamento in via Carli il 5 febbraio del 2016. Le indagini della Squadra mobile puntarono subito sulla figlia, che secondo le accuse avrebbe commissionato il delitto per motivi economici: uno scoperto bancario di oltre 800mila euro che avrebbe mandato all’asta la casa degli anziani genitori. Il giudice per le indagini preliminari aveva negato la custodia in carcere chiesta per la donna dall’aggiunto Alberto Nobili e dalla pm Antonia Pavan. La Procura aveva poi presentato ricorso al Riesame che, nel primo giudizio, aveva dato parere positivo all’arresto emettendo una ordinanza di custodia cautelare nei confronti della 46enne. Giudizio ribaltato però dalla Cassazione che, accogliendo il ricorso della difesa di Pozzi, aveva annullato il provvedimento.

La donna è quindi rimasta sempre libera, anche se indagata per omicidio volontario. Dalle intercettazioni era emerso un rancore nato anni prima per motivi economici: la donna aveva dilapidato quasi un milione di euro. Questi debiti per gli investigatori sarebbero stati l’innesco di liti quotidiane tra Simona e il padre. Per la Procura sta tutto qui il nodo del delitto. Chi, altrimenti, poteva volere la morte di un uomo mite come Maurizio Pozzi? Poche frequentazioni, pochi numeri sul cellulare, aveva sempre gestito, con la moglie, lo storico negozio di scarpe del quartiere. Una vita di routine, senza ombre: stesso lavoro da 40 anni, qualche volta lo si vedeva a prendere il caffè al bar del quartiere, la sera rincasava sempre attorno alle 18,30, un’oretta prima della moglie che restava per la chiusura. Solo la figlia Simona, poi, aveva le chiavi della casa in cui è stato trovato il corpo del padre. L’assassino infatti, si trovava già all’interno dell’appartamento quando Maurizio rincasò, la sera in cui poi venne ucciso a martellate.  

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