
Umberto Mormile, l'educatore assassinato nel 1990 all'interno della sua automobile
Milano – La Corte di Assise d’appello di Milano ha assolto il collaboratore di giustizia Salvatore Pace, accusato dell’omicidio di Umberto Mormile, l’educatore del carcere di Opera assassinato dalla ‘ndrangheta nelle campagne di Carpiano, nel Milanese, l’11 aprile del 1990, mentre si recava a lavoro. L’assoluzione “perché il fatto non sussiste” ribalta la sentenza di primo grado che aveva condannato Pace a 7 anni di carcere.
La riapertura delle indagini che hanno portato all’assoluzione era stata voluta dai familiari della vittima, e in particolare dal fratello, dalla sorella e dalla figlia, tutti assistiti dal legale Fabio Repici. Pace era accusato di aver fornito “supporto logistico” al gruppo di fuoco che ha giustiziato Mormile, facendo consegnare da “appartenenti del suo gruppo” criminale “armi ed una moto per eseguire l’omicidio”. Con lui, in primo grado, era stato condannato anche Vittorio Foschini, che però ha rinunciato all’appello.
L’omicidio e la “Falange Armata”
La mattina dell’11 aprile 1990, Mormile fu vittima di un agguato sulla strada provinciale Binasco-Melegnano, nei pressi di Carpiano. Una moto affiancò la sua Alfa Romeo 33, e da essa furono esplosi sei colpi di pistola. L’educatore aveva 37 anni.
L’omicidio fu rivendicato dall'organizzazione terroristica “Falange Armata Carceraria”, che fece il suo esordio proprio con questo assassinio. Le indagini portarono alla condanna definitiva nel 2005 di Franco Coco Trovato e dei fratelli Domenico e Antonio Papalia come mandanti, e di Antonio Schettini e Nino Cuzzola come esecutori materiali, entrambi rei confessi.
Perché fu ucciso Mormile
Inizialmente, il movente dell'omicidio fu attribuito al rifiuto di Mormile di redigere una relazione favorevole per concedere un permesso di libera uscita al boss ergastolano Domenico Papalia, in cambio di 30 milioni di lire. Tuttavia, tale circostanza fu successivamente smentita dalle dichiarazioni del pentito Vittorio Foschini.
Nel corso degli anni, la famiglia di Mormile ha continuato a cercare la verità sull’omicidio. Nel 2016, i fratelli di Umberto, Stefano e Nunzia, hanno ipotizzato un possibile coinvolgimento dei servizi segreti e dell’amministrazione penitenziaria nell’assassinio, suggerendo l’esistenza di un presunto accordo tra Stato e mafia che avrebbe permesso ai servizi segreti di interagire con i boss detenuti in regime di 41 bis.
In tal senso, nella sentenza di condanna a Pace e Foschini il giudice aveva scritto che questi tesi “alternativa” non è “irragionevole”, non è l’unica verità “possibile”, ma è “concretamente prospettabile”. Mormile sarebbe stato ucciso quindi perché era “a conoscenza” dei rapporti tra ‘ndrangheta e servizi segreti, in un contesto di “intreccio di poteri”.