
Bandiera delle Olimpiadi (Alive)
Milano, 25 gennaio 2017 - I primi a pensare alle Olimpiadi a Milano furono, nel 1990, Carlo Tognoli e Massimo Moratti. Il primo, già sindaco della città, era allora ministro dello Sport e del turismo, il secondo non era ancora diventato il presidente dell’Inter. In piena sintonia con entrambi si muoveva il presidente del Coni, Arrigo Gattai eppure l’idea non incontrò un gran favore, piuttosto critiche e riserve variamente motivate. La verità è che il clima generale e quello politico in particolare stavano deteriorandosi e l’ottimismo e il fare con brio degli anni Ottanta cedevano ogni giorno un po’ di terreno a visioni più cupe e a toni più risentiti. In breve la finestra di opportunità si chiuse e l’argomento venne archiviato. Da allora sono passati ventisei anni, cicli diversi si sono susseguiti e la città appare molto cambiata rispetto a quella degli anni Novanta. Ora, soprattutto, dopo l’Expo, quel che i milanesi sembrano aver ritrovato non è tanto la voglia di fare e la fiducia in se stessi – queste non le hanno mai veramente perdute – quanto l’orgoglio per la propria città e il sentimento che a Milano si può pensare più in grande e si può progettare oltre l’ordinario sviluppo.
Quest’attitudine a osare e questo gusto delle sfide internazionali sono il lascito più importante dell’Expo, sono ciò che resta, il seme, il sedimento. Il nuovo senso di sé frutto di quella esperienza lo si vede nei progetti che fioriscono intorno al futuro dell’area ex Expo. Potrà essere la futura sede anche dell’Agenzia europea dei farmaci? E Human technopole e le nostre migliori università sapranno interrogarsi sul proprio essere o non essere all’altezza delle maggiori università straniere e capire cosa manca per raggiungere quegli standards?
Per altra via, anche il mondo finanziario e bancario come quello delle tlc e della comunicazione – da Mediaset a Sky – sono entrati nel vortice della globalizzazione. Lo stesso si può dire del mondo della moda, che anzi è stato precursore. Quanti marchi sono ancora italiani? Quanti di quelli che hanno già cambiato padrone continueranno a produrre in Italia? La globalizzazione è un immenso, violento vortice e se non sei abbastanza grande, se non fai abbastanza peso, perdi il controllo e non resisti a una selezione darwiniana né trovi riparo dagli appetiti dei predatori più grandi. Pensare le Olimpiadi del 2028 significa mettersi all’altezza di un appuntamento ancora più impegnativo dell’Expo. Un appuntamento che può richiamare un pubblico più ampio però concentrato in una finestra temporale molto più breve. Perché non immaginare per il più grande spettacolo del mondo, per i suoi attori e per il suo pubblico, il più grande teatro mai visto per una simile rappresentazione? Un teatro vivente, organizzato e distribuito, diffuso e articolato, e non solo in tutta l’area metropolitana milanese, sarebbe certamente più adeguato di giochi olimpici “costretti” nei confini comunali, ma sarebbe ancora poco, troppo poco. A meno di intendere per area metropolitana non quella definita dai confini amministrativi, ma quella reale disegnata dai confini urbani cioè dal continuum urbanistico. Nulla meglio della foto notturna che pubblichiamo descrive la realtà di questa conurbazione. Nulla evoca più potenti suggestioni. Quelle luci, milioni, anzi, miliardi, di luci indicano il mobile confine di questa metropoli continua che non è solo milanese e nemmeno solo lombarda. Questa metropoli comprende ovviamente le appena separate province di Milano e di Monza Brianza, ma anche quelle di Varese, di Novara, di Pavia, di Piacenza, di Bergamo e fino a Brescia. Come la via lattea è l’immagine visiva di una densità straordinaria di stelle e corpi celesti in una regione dell’universo, così anche questa immagine della realtà, fotografa la straordinaria densità di un firmamento di città, di borghi, di infrastrutture che illumina il cielo del nord ovest.
Si tratta di una tra le più vaste aree metropolitane di tutta Europa. L’Ocse la considera un’area paragonabile a quella londinese o a quella renana. Non è un progetto, è una realtà, esiste sotto ogni profilo - economico, sociale, culturale, infrastrutturale. Solo sotto il profilo giuridico amministrativo non esiste. Per ora. A non più di 70/80 chilometri dalle propaggini di questo firmamento di città e di borghi sorgono due metropoli: a nord ovest Torino, a sud ovest Genova. Con l’alta velocità del prossimo futuro da Milano e viceversa basteranno 35/40 minuti. Le Olimpiadi potremmo farle insieme. Come tante altre cose. (2 - fine)