Milano, nuovi poveri in coda per il cibo

Ogni giorno 3.500 persone aiutate da Pane Quotidiano: cassintegrati e precari, sempre più italiani

La mensa del Pane Quotidiano

La mensa del Pane Quotidiano

Milano, 5 settembre 2020 - Nuove povertà in fila al Pane Quotidiano. A mettersi in coda dalle 7.30 del mattino in viale Toscana per ritirare una busta di alimenti non più solo senzatetto, stranieri, anziani con la pensione minima, disoccupati di lungo corso, ossia l’utenza ordinaria prima del Covid. Ma anche giovani: ragazzi che avevano un lavoro in nero e l’hanno perso senza poter contare sul bonus Covid o precari, a cui il contratto non è più stato rinnovato. E poi adulti under 50 in cassa integrazione.

«In media si presentano 3.500 persone ogni giorno nelle nostre due sedi. Negli anni ‘90 la percentuale degli italiani era il 10%, con la crisi del 2008 è salita al 35%. Negli ultimi mesi è arrivata al 45%. Giovani e adulti sono coloro che stanno pagando più caro la crisi del Covid», afferma il vicepresidente di Pane Quotidiano, Luigi Rossi. «È gente che fino a qualche tempo fa non aveva alcun problema finanziario e adesso arranca» puntualizza la più storica delle volontarie, Anna Cavallaro, 63 anni. A chiunque versi in stato di bisogno, Pane Quotidiano, associazione laica fondata nel 1898, assicura del cibo gratis, senza dover fare una tessera o registrarsi. In viale Toscana (e nella sede in viale Monza) c’è una sorta di supermercato della solidarietà. I volontari (140 a rotazione) distribuiscono da lunedì a sabato i sacchetti. «Sono circa 3.500 i nostri ospiti ogni giorno. A ciascuno diamo circa 3 etti di pane, un litro di latte, yogurt, formaggi, frutta e verdura. Talvolta pasta, riso, salumi, scatolame. L’obiettivo è fornire una razione alimentare che possa soddisfare il fabbisogno calorico della giornata, per pranzo e cena» sottolinea Rossi. Ieri, per la cronaca, ogni sacchetto conteneva pane, pizza, formaggio Leerdammer, 4 yogurt, un casco di banane, limoni e una torta al cacao del Mulino Bianco. 

«Il contenuto cambia ogni giorno. Gli alimenti non arrivano dai supermercati ma dalle aziende produttrici, come Ferrero, che hanno scelto di sostenerci. Non si tratta però né di prodotti fallati né scaduti: sono esuberi. Anche se a me piace pensare che la produzione in eccesso sia intenzionale per aiutare le associazioni come la nostra» sottolinea Rossi. L’emergenza sanitaria ha introdotto modifiche al servizio. «Prima l’ospite entrava in struttura e prendeva quello di cui aveva bisogno e di suo gradimento. Adesso la razione viene preconfezionata e distribuita all’esterno». Anche gli orari sono estesi. Non più dalle 9 ma dopo le 8 del mattino: «Si va avanti fino a quando non si esaurisce la fila, sempre oltre il canonico orario di chiusura alle 11». La coda, infatti, è sempre più lunga.  

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