Un tumore che dal rene era salito fino all’atrio destro del cuore, infiltrando completamente la vena cava attraverso la vena renale. Una paziente di 83 anni con una malattia coronarica e due stent cardiaci impiantati da poco, che avrebbe rischiato troppo con un intervento "open", aprendo cioè il torace e lo sterno. I cardiochirurghi e gli urologi dell’ospedale Niguarda sono riusciti a rimuoverle il tumore con un intervento che non ha precedenti al mondo, studiando insieme agli anestesisti, agli infermieri e al personale di sala operatoria una tecnica mininvasiva ad hoc che ha combinato l’utilizzo del robot chirurgico e di una cannula aspirante speciale, inserita dalla giugulare, cioè dal collo, per arrivare al cuore.
L’intervento è durato nove ore, e il robot, spiega il primario dell’Urologia Aldo Bocciardi, è stato utilizzato "per rimuovere il rene, sede del tumore", e anche per asportare, con le pinze inserite attraverso delle micro-incisioni addominali, l’infiltrazione neoplastica. Ma questo è stato possibile solo dopo che i cardiochirurghi, servendosi della cannula aspirante, ne avevano rimosso una parte e poi spinto la parte rimanente nell’addome, dove gli urologi l’hanno “agganciata” con il robot. I tempi dell’intervento sono stati compressi "grazie all’utilizzo di uno strumento innovativo - spiega il primario della Cardiochirurgia Claudio Russo -: la cannula, collegata a una pompa centrifuga e a un filtro, ha permesso l’aspirazione ad alto flusso del tumore. Il sangue aspirato dall’interno del cuore durante l’intervento è stato filtrato e reimmesso nel circolo arterioso con un’altra cannula all’altezza dell’arteria femorale. Il circolo ad alto flusso ha consentito di aspirare parte dell’infiltrato e di creare un “vacuum” che come una ventosa ha agganciato il trombo neoplastico per spingerlo nel circolo dell’addome".
Il "doppio approccio, dall’addome col robot e con l’aspiratore a livello del collo", chiarisce il cardiochirurgo Giuseppe Bruschi, primo operatore sul fronte cuore, è stato ideato per superare "un collo di bottiglia anatomico rappresentato dal diaframma". Un’altra fase delicata, aggiunge Antonio Galfano, urologo e primo operatore alla consolle, è stata la "derotazione del fegato, eseguita col robot: l’organo è stato spostato temporaneamente dalla sede naturale per permettere il passaggio degli strumenti endoscopici per l’asportazione del trombo". Al Niguarda la chirurgia robotica viene utilizzata da più di dieci anni; in pochi altri centri al mondo era stata usata per tumori renali estesi alla vena cava, e mai prima senza aprire il torace nei rari casi in cui l’infiltrazione arrivava al cuore. Gi. Bo.
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