Nessuno vuole difendere il "mostro" Il coltello lavato e rimesso nel ceppo

Sopralluogo nell’abitazione di Senago. La rinuncia dell’avvocato difensore rischia di rallentare l’inchiesta

Nessuno vuole difendere il "mostro"  Il coltello lavato e rimesso nel ceppo

Nessuno vuole difendere il "mostro" Il coltello lavato e rimesso nel ceppo

di Anna Giorgi e Nicola Palma

MILANO

Nessuno vuole difendere il "mostro", com’è arrivata a definirlo sua madre. Si cerca, ma non si trova, nemmeno un avvocato d’ufficio, dopo che il primo, Sebastiano Sartori, ha lasciato subito il mandato al termine dell’incontro che ha avuto con Alessandro Impagnatiello ieri in cella. Prima di rimettere il mandato, il legale ha descritto il suo (ex) assistito "agitato e angosciato". Detto questo, ha aggiunto, ha rinunciato alla difesa perché è venuto a mancare il "rapporto fiduciario" con il cliente. Il colpo di scena, che rischia di rallentare i passaggi tecnici dell’inchiesta, come la nomina dei periti, è arrivato a poche ore dal sopralluogo nella casa dell’orrore, che andrà in scena nella tarda mattinata di oggi.

A mezzogiorno, le tute bianche della Sezione investigazioni scientifiche dei carabinieri entreranno nell’appartamento al secondo piano di via Novella 14A a Senago: lì, dieci giorni fa, il barman ha ucciso la compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese.La scena del crimine restituirà parte della verità di quell’omicidio orrendo. A partire dall’arma del delitto usata dal trentenne per colpire la donna alla gola e al torace: stando a quanto dichiarato al gip Angela Minerva, l’uomo non se n’è disfatto, ma l’avrebbe lavato con acqua e sapone e rimesso in un ceppo sopra il frigorifero, insiema agli altri; con ogni probabilità, gli specialisti della Sis prenderanno in consegna tutte le lame nell’abitazione, per poi effettuare i rilievi tecnici e trovare quella compatibile con le ferite sul corpo della ventinovenne.

A svelare che Impagnatiello ha indicato il luogo dove ritrovare il coltello è stato ieri il suo ex legale. Nei due interrogatori, il primo che ha poi portato al fermo e il secondo davanti al giudice, l’assassino ha confessato di aver ucciso Giulia, di aver tentato di bruciarne due volte il corpo, che ha nascosto prima in garage e poi in auto e infine, nella notte tra martedì e mercoledì scorso, gettato in un’intercapedine a 700 metri da casa. Eppure, mercoledì mattina, quando i carabinieri hanno effettuato un sopralluogo all’interno della T-Roc e sequestrato il pianale sopra la ruota di scorta dopo aver rilevato una traccia di sangue, l’auto era pulita e riempita di deodorante. Visto il ridotto lasso di tempo, gli investigatori sono convinti che l’abbandono del cadavere in via Monte Rosa vada retrodatato almeno alla notte tra lunedì e martedì. Le indagini, coordinate dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo, proseguono anche per capire se effettivamente Impagnatiello – come lui sostiene – abbia agito da solo, dal momento dell’omicidio fino a quello in cui si è disfatto del corpo della compagna. Buona parte dell’interrogatorio davanti al gip resterà secretato in attesa di ulteriori sviluppi dell’inchiesta, che è appena iniziata e ha anche l’obiettivo di escludere che altre persone abbiano avuto un ruolo nella seconda fase, quella dell’occultamento del cadavere, o se abbia (anche) inconsapevolmente aiutato il killer a nascondere la verità. Se si trattasse di un parente, non potrebbe rispondere di favoreggiamento (non è previsto per chi ha legami di sangue), ma risponderebbe di "concorso in occultamento". Diversa fattispecie se si trattasse di una persona che non è legata da vincoli di sangue con l’assassino.

Il gip, per ora, ha escluso l’aggravante della crudeltà, perché non ci sarebbe stata pervicacia nell’azione di accoltellamento. Tuttavia, solo l’autopsia darà la certezza sul numero di fendenti sferrati.

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