"Nessuno ci restituirà Charlotte"

Pozzo, il dolore delle volontarie della Rete Viola dopo la condanna a 23 anni di reclusione per Carmelo Fiore

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Ventitré anni all’assassino di Charlotte Yapi. Pochi per la famiglia e per chi amava la mamma di Pozzo, strangolata dal compagno a settembre al culmine di una lite per futili motivi. La sentenza pronunciata lunedì a Milano è rimbalzata nel piccolo centro della Martesana sconvolto dal femminicidio. Prima di chiudersi in un silenzio impenetrabile, i genitori della 26enne hanno detto che la figlia "meritava qualcosa di più", mentre Katia Restelli, assessore ai Servizi sociali, sottolinea che le vittime di Carmelo Fiore "sono diverse. La donna, e i suoi due figli, ma anche quelli di lui". Per le volontarie della Rete Viola, la task-force del territorio che assiste mogli e compagne maltrattate, "nessuna pena ce la restituirà mai". Il 19 aprile hanno dovuto arrendersi a un’altra perdita, quella di Alessandra Cità, la 47enne di Truccazzano uccisa dal fidanzato che voleva lasciare con un colpo di fucile in faccia. "Adesso, aspettiamo giustizia per lei", dice Anna Muschitiello. A Charlotte, Pozzo ha dedicato una panchina rossa in piazza, "non verrà dimenticata", assicura l’assessore che torna con la memoria alla camminata per ricordarla. "È diventata un simbolo della battaglia e insieme un monito a non abbassare la guardia sulla piaga della violenza domestica". Centinaia di persone hanno sfilato con in mano la sua fotografia. Un sorriso cancellato da una furia senza ragione. Se non quella dei soldi.

"Spendeva troppo. Ero in cassa integrazione, facevo quel che potevo", così il compagno reo confesso ha motivato le mani sul collo di lei dopo l’ennesimo diverbio sul bilancio familiare.

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