di Massimiliano Mingoia
Spazi vuoti, in centro e in periferia. Colpa della crisi Covid, ma non solo. L’architetto Patricia Viel, in un’intervista al Giorno, ha offerto alcuni spunti su come utilizzare i negozi, i bar e i ristoranti che la crisi ha fatto chiudere. Lei pensa a usi temporanei per gli spazi vuoti e a un mix di funzioni nei negozi che restano aperti per rianimare il centro e rilanciare le periferie. Abbiamo sottoposto questi spunti all’assessore comunale al Commercio Cristina Tajani, già al lavoro da tempo su questi problemi, enfatizzati dalla crisi Covid.
Assessore Tajani, cosa pensa di fare il Comune per rianimare il centro, privo di turisti, in attesa di tempi migliori?
"L’idea potrebbe essere quella di investire sugli usi temporanei. Lo abbiamo fatto molto in passato nelle aree dismesse del Comune come lo spazio Base o i Magazzini Raccordati. In questo momento di crisi, gli spazi abbandonati, in attesa di utilizzi più stabili, potrebbero essere utilizzati temporaneamente per attività culturali ma anche aggregative, quando ci saranno le condizioni per farlo. Il paradosso è che questa formula che un tempo il Comune considerava efficace per le aree dismesse in periferia, in futuro potrebbe essere utile per i luoghi centrali con formule di pop-up creativi".
Il fenomeno dei negozi vuoti, però, non riguarda solo il centro e parte da lontano. O no?
"Il mondo del retail sta vivendo una grande fase di passaggio, dovuta alla crisi Covid, ma cominciata prima, quando sono nati i grandi centri commerciali. E ora i consumatori in parte utilizzano l’e-commerce e in parte vanno nei negozi di quartiere quando cercano una relazione umana o un’esperienza diversa. Per l’uscita dalla crisi, il commercio dovrà puntare su questo secondo aspetto: negli ultimi anni in Comune lo chiamiamo mix funzionale in spazi ibridi".
Che significa in concreto?
"Mettere insieme attività tradizionali di vendita e di somministrazione con esperienze di tipo culturale. È una tendenza iniziata prima dell’emergenza Covid. Per completare questo percorso, però, è necessaria un’innovazione normativa. Bisogna mixare anche le licenze commerciali e immaginare strumenti normativi che consentano a un negozio di fare più cose. Questa è una proposta politica che non riguarda solo competenze comunali. È una richiesta al nuovo Governo che potrebbero partire proprio dalle città. Noi premeremo in questa direzione. E a livello comunale stiamo già provando a realizzare il mix".
Come e dove?
"Con la riqualificazione dei mercati comunali coperti. Prima dell’estate aprirà il mercato di piazzale Lagosta, stiamo completando l’iter nei mercati di Wagner e Morsenchio e prima della fine del mandato puntiamo su un bando per il mercato di piazza Prealpi, in periferia".
A proposito di periferie, ci sono altri quartieri e strade di Milano che si stanno caratterizzando con un’identità precisa come accaduto a Nolo, Tortona, Città Studi, Isola?
"Io vedo dei processi che vanno nella stessa direzione a Corvetto, che sta assumendo una vocazione sociale, che sarà enfatizzata anche dalla presenza dei nuovi uffici del Comune (in via Sile, ndr). La Bovisa, invece, avrà un’identità legata all’innovazione e agli studenti, grazie al progetto del Politecnico. A Dergano, invece, abbiamo puntato molto sulle attività artigiane e sulle botteghe di prossimità. La direzione comune è quella indicata dal Comune con l’idea della città a 15 minuti".
Nella stessa ottica vanno inquadrati i progetti comunali su coworking e near working?
"È un modello che applicheremo per i dipendenti comunali ma che ci piacerebbe venisse preso in considerazione anche da altre grandi aziende. Noi consentiremo ai nostri dipendenti di utilizzare spazi decentrati del Comune per le loro giornate di smart working. Un modo per rivitalizzare spazi pubblici nei quartieri. Per ora abbiamo 90 locali per il coworking. E saranno messi a disposizione spazi sottoutilizzati di grandi aziende, in collaborazione con Assolombarda".