ANNAMARIA LAZZARI e VITTORIO BELLAGAMBA
Cronaca

Milano, negozi chiusi la domenica? In fumo 16 milioni

J’accuse del presidente di AscoBaires Meghnagi: noi, tutti a rischio. E 200 posti di lavoro cancellati

Negozi chiusi la domenica

Milano, 13 febbraio 2019 - «Se il decreto dell’allora governo Monti che ha dato via alle liberalizzazioni è stato chiamato "Salva Italia”, per la proposta di legge che stabilisce l’apertura dei negozi per la metà delle domeniche in calendario sarebbe giusto parlare di "Ammazza Italia"». Va già duro Gabriel Meghnagi, presidente sia di AscoBaires che della rete associativa di Vie per Confcommercio, sulla proposta di legge depositata da Movimento 5 Stelle e Lega alla Commissione attività produttive della Camera, che potrebbe limitare le aperture domenicali dei negozi. L’idea è dimezzarle: attività aperte per non più di 26 domeniche all’anno rispetto alle 52 attuali. Si aggiunge la «serrata» in occasione delle 12 festività nazionali, anche se sono previste le deroghe per 4 giorni, da stabilire su base regionale. Da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati 2018 delle imprese attive si evince che sono 12mila i negozi a Milano città. Stabili nell’anno. Concentrandosi sul chilometro e mezzo dell'arteria dello shopping fra Porta Venezia e Loreto, si contano 222 vetrine. «Tra l’80% e il 90% dei negozi di corso Buenos Aires sceglie di aprire la domenica. Abbiamo calcolato, con il Municipio 3, che se entrerà in vigore l’apertura di una domenica su due si registrerà una perdita di fatturato annuale compresa fra 7% e 8%. Andranno in fumo 15-16 milioni di euro».

Migliaia di clienti persi, in primis turisti: «Milano è una tappa sempre più prediletta come dimostra la crescita degli arrivi a gennaio. Come sarà possibile avvisare i turisti del calendario di aperture e chiusure domenicali? Invece che partire la domenica lo faranno il giorno prima». E le conseguenze si faranno sentire sull’occupazione: «Sfumeranno il 10%, almeno 200 posti di lavoro su un totale di 2mila dipendenti in corso Buenos Aires. E si ridurranno gli straordinari. Tanti vogliono lavorare la domenica, vuoi per guadagno o per avere i giorni di riposo in settimana». In gioco non  c'è però solo il destino dei negozi, ma anche di bar e ristoranti: «Se non c’è il flusso di persone non avranno ragione di tenere aperto e finiranno per chiudere anche loro».

Discorso che si applica alle altre attività che potranno rrestare aperte, stando alla proposta di legge: rivendite di generi di monopolio, edicole, rosticcerie, pasticcerie, gelaterie, librerie o negozi di dischi, arte, souvenir, artigianato. Il testo prevede una deroga per i punti vendita dei centri storici. Un’idea che Meghnagi vede come fumo negli occhi: «Il cliente che si abitua a fare shopping la domenica in corso Vittorio Emanuele II o in via Dante, sempre aperte, tornerà lì nei giorni feriali. Non verrà più in corso Buenos Aires o in corso Vercelli». Sono previste multe salate per chi dovesse violare le nuove norme, se dovessero entrare in vigore: da 10mila a 60mila euro. Cifre che raddoppiano in caso di recidiva. A rincarare la dose Federdistribuzione, che negli ipermercati calcola in 10mila i posti di lavoro a rischio e una contrazione del fatturato da un miliardo di euro. «In Italia – scandisce Massimo Moretti, presidente del Consorzio Nazionale dei Centri Commerciali – i consumi domenicali valgono il 18% del fatturato. Il Governo ci ascolti, confidiamonel confronto».