STEFANIA CONSENTI
Cronaca

Natura viva: restituiamo a Morandi la sua libertà

Mostra kolossal a Milano per superare gli stereotipi del “pittore del silenzio“ e avvicinare i più giovani alla sua arte alimentata "dal vero"

Natura viva: restituiamo a Morandi la sua libertà

Natura viva: restituiamo a Morandi la sua libertà

Riflessivo, uno sguardo severo, penetrante, un viso segnato, "pronto a divenir maschera per polemica, per ironia o anche controllata allegria". Aiuta a capirlo la splendida foto di Herbert List (1953, in catalogo) che ne coglie l’intimo carattere. Per nulla, però, artista "triste", "isolato", "monotono", ma "sicuro di sè", "meticoloso", come lo descriverà De Chirico ("Fa tutto da solo, si macina pazientemente i colori e si prepara le tele, e guarda intorno a sè gli oggetti che lo circondano"), "profondo conoscitore di quello che accadeva nel mondo dell’arte".

Su Giorgio Morandi, è l’invito, quasi una supplica, di Maria Cristina Bandera, studiosa dell’artista bolognese, è giunta l’ora di cambiare narrazione, superare gli stereotipi del "pittore del silenzio", o "pittore delle bottiglie", togliere "un po’ di polvere" e riscoprire la sua "poetica" artistica che si nutre, si alimenta "dal vero", perchè per dirla con una citazione morandiana che "c’è di più astratto del reale?". La sua è anche una continua ricerca sulle forme, gli oggetti sono un pretesto per arrivare all’ossatura delle cose.

Ecco che la grande mostra che si apre oggi a Milano, a Palazzo Reale (Morandi 1890-1964, sino al 4 febbraio), una delle più importanti realizzate negli ultimi decenni, è l’occasione per accostarsi a Morandi (soprattutto per le nuove generazioni, dai Millennials alla generazione Z) liberi da ogni pregiudizio.

Grazie a prestiti importanti, internazionali, di enti pubblici, a partire dal Museo Morandi di Bologna, settore Musei Civici, e di collezionisti privati, i primi a cogliere la sua grandezza e ad acquistare le sue tele, si ripercorre l’intera vicenda artistica, 50 anni, con un corpus di 120 opere nelle quali si colgono le influenze e il primo contatto con le avanguardie, tra cèzannismo, cubismo e futurismo, l’accostamento alla metafisica ma anche le sperimentazioni degli anni ’20, l’incisione, l’acquerello, sino agli anni conclusivi, gli anni ’60, in cui è toccata l’essenza della realtà.

E poi i colori, "quella sottigliezza cromatica", l’armonia delle composizioni (era il più feroce critico di se stesso, arrivando a distruggere anche alcune opere) e la varietà dei temi; dalla Natura morta (con gli oggetti a tortiglione del 1916 a dare il benvenuto ai visitatori sino alla versione, completamente diversa del 1963), a I Fiori (altro tema ricorrente), all’Autoritratto (il primo dei sette da lui dipinti, solo di recente mostrato in pubblico) e Paesaggio (1913). Amatissimi luoghi, come l’Appennino bolognese, dove Morandi era solito andare d’estate, a Roffeno e soprattutto a Grizzana, e dove continuava a lavorare, ispirato da quanto lo circondava.

Luoghi, dicevamo. Come il suo studio, lontano anni luce dai grandi atelier alla moda, in via Fondazza 36, a Bologna. Era anche la sua camera da letto, piena di quegli oggetti che ha dipinto tutta la vita. E nella quale il visitatore può immergersi, grazie ad un’installazione video allestita nel percorso della mostra.

Morandi ha avuto una vita che si è svolta senza fatti eclatanti, degni di nota, senza il viaggio formativo, d’obbligo allora, a Parigi, senza l’adesione a proclami e manifesti. Ma pur viaggiando poco, è stato capace di "accostarsi a movimenti internazionali come "il fauvismo, il futurismo e la metafisica".

La sua formazione tiene conto della grande pittura italiana, da Giotto a Masaccio, le cui creazioni ha modo di vedere a Firenze in uno dei pochi viaggi che compie nel 1910. Sin dal 1911 grazie a libri e riviste recepisce il primo cubismo analitico di Picasso e Braque e la lezione di Cèzanne, ammirato dal vero la prima volta nel 1914 e soprattutto nel 1920. Già nel 1910 e 1911 aveva potuto vedere opere di Renoir e Monet.

La mostra crea anche un "ponte culturale" fra Milano e Bologna e "farà storia", assicura l’assessore alla cultura di Milano Tommaso Sacchi, che l’ha voluta inquadrare nel nuovo corso di palazzo Reale, che alterna arte contemporanea e grande artisti del Novecento, per attrarre un nuovo pubblico di giovani e famiglie. Un modo, anche, per celebrare il rapporto particolare che Morandi aveva con la metropoli: milanesi, lombardi, sono stati i suoi più grandi collezionisti, da Jesi a Jucker, Vitali, e Boschi di Stefano, milanese, pure, la galleria Il Milione. E il Comune di Milano fu la prima istituzione pubblica ad acquistare nel 1930 una sua Natura morta alla diciassettesima Biennale.