NICOLA PALMA
Cronaca

Confiscano la casa al figlio del boss ma il mutuo non era estinto: la banca chiede i soldi all’Agenzia antimafia

L’immobile di via Teano 16 acquistato dal primogenito di don Pepè con un mutuo da mezzo milione. Unicredit ammessa tra i creditori dalla Corte d’Appello. Ma la Cassazione annulla: notifica sbagliata

Giuseppe Flachi e il figlio Davide

Giuseppe Flachi e il figlio Davide

MILANO – Quella casa di via Teano 16 appartiene da anni allo Stato. Così come quella, a pochi civici di distanza, che è stata a lungo la dimora del padre Giuseppe "Pepè" Flachi, scomparso il 20 gennaio 2022. Ora si scopre da una recentissima sentenza della Cassazione che sull’immobile acquistato nel 2008 dal primogenito dell’ex boss della Comasina, Davide Filippo Vincenzo, e dalla compagna è in corso una contesa legale tra l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e Unicredit spa.

Il motivo? Stando a quanto si legge negli atti, Flachi junior sottoscrive il 23 aprile 2008 un mutuo con l’istituto di credito per comprare l’appartamento, garantito da un’ipoteca da mezzo milione di euro. Poi arriva l’inchiesta Redux Caposaldo dei carabinieri del Ros e dei finanzieri del Gico, che porta all’arresto di Davide detto "il gigante" (poi condannato a 14 anni in abbreviato) e al sequestro dell’abitazione, con provvedimento eseguito il 4 marzo 2011. La misura viene in seguito tramutata in confisca dal gip del Tribunale di Milano. A quel punto, Unicredit presenta la domanda di ammissione del credito vantato nei confronti di Flachi, pari a 282.810,06 euro più interessi. Il 25 febbraio 2019, la Corte d’Appello di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, emette un’ordinanza che accoglie l’istanza, rilevando "l’assenza del rapporto di strumentalità tra il credito in questione e l’attività illecita per la quale è intervenuta la confisca, o comunque la sussistenza della buona fede del creditore nell’avere ignorato tale strumentalità".

Nei giorni scorsi, a cinque anni di distanza, la Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia per i beni confiscati e annullato quel provvedimento, disponendo un nuovo esame della questione. Le ragioni della decisione sono più che altro di natura procedurale: l’avviso dell’udienza camerale fissata per la verifica della domanda di ammissione non è stato notificato all’Avvocatura dello Stato, cui sono attribuite "la rappresentanza e la difesa delle amministrazioni dello Stato, trattandosi di un immobile definitivamente acquisito al patrimonio dello Stato". Il 6 settembre 2022, Flachi junior è finito nuovamente dietro le sbarre, fermato dagli investigatori della Guardia di finanza su disposizione del pm della Dda Gianluca Prisco a valle dell’operazione Metropoli-Hidden Economy.

L’indagine si è concentrata sui flussi di denaro, scoprendo che una carrozzeria di Cormano e un negozio di articoli sportivi di Bruzzano erano intestati a prestanome, ma in realtà gestiti da "Davidino". Allo stesso tempo, sono state ricostruite le rotte della droga, le minacce ai clienti morosi e un traffico di armi anche da guerra, compresi mitragliatori kalashnikov procurati da cellule calabresi e balcaniche collegate a quella principale. In primo grado, Flachi junior è stato condannato a 20 anni di reclusione per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione aggravata dal metodo mafioso, intestazione fittizia di beni e truffe assicurative.