Ruben
Razzante*
I lockdown da una parte e l’innovazione tecnologica dall’altra hanno contribuito alla
crescita della musica italiana all’estero, che nel 2021 ha registrato un aumento del
66% di entrate da royalty, raggiungendo quota 20 milioni. Nel 2020 il settore aveva di poco superato gli 11 milioni. Come emerge dai dati elaborati da Deloitte per la Federazione dell’industria musicale italiana (Fimi), a trainare la musica italiana all’estero è il digitale, che ha incrementato i ricavi del settore dell’83%. Rispetto al 2020 sono cresciuti del 100% anche le royalty su cd e vinili. Secondo i dati 2021 dell’IFPI (International Federation of the Phonographic Industry), che è l’associazione che raccoglie l’industria discografica mondiale, sono cambiate anche le abitudini di fruizione. Ad esempio, il tempo che noi italiani passiamo ad ascoltare musica è aumentato: la media settimanale si attesta ora a 19,1 ore contro le 16,3 ore settimanali medie del 2019. In crescita addirittura del 100% il tempo trascorso ad ascoltare musica tramite audio streaming in abbonamento. A spingere l’interesse per lo streaming sono stati soprattutto gli investimenti delle etichette discografiche. L’86% degli utenti dichiara che la musica “ha fornito una dimensione di divertimento e felicità durante la pandemia” e per il 71% dei giovani le nuove release degli artisti preferiti sono state d’aiuto durante i periodi di maggiore isolamento vissuti negli ultimi due anni a causa del Covid. Un altro dato interessante riguarda tecnologie innovative come short video e live streaming: in Italia il 70% del tempo trascorso su app di short video (pari a 5,2 ore settimanali) è investito su contenuti dipendenti dalla musica, come le sincronizzazioni labiali e le sfide di danza; più di un quarto (26%) delle persone ha dichiarato di aver guardato un live streaming a contenuto musicale - ad esempio un concerto – negli ultimi 12 mesi.
* Docente
Diritto dell’informazione Università Cattolica di Milano