
A sinistra una delle iniziative all’interno dell’edificio; sopra, l’architetto David Chipperfield
Milano, 21 giugno 2017 - All'entrata principale del Museo delle Culture di via Tortona, noto con l’acronimo Mudec, sarà presto esposto un cartello per far sapere ai visitatori che l’edificio è stato progettato da David Chipperfield. Ma al tempo stesso quel cartello preciserà che rispetto al progetto originario ci sono stati «alcuni scostamenti d’impatto estetico». Un cartello più unico che raro, decisamente senza precedenti nei musei del mondo, ma indispensabile per il Comune: con questa affissione Palazzo Marino può porre fine al contenzioso che lo opponeva all’archistar britannica. La delibera nella quale la Giunta formalizza le azioni necessarie a far scoppiare la pace con Chipperfield è stata appena approvata. E oltre al cartello si prevede la liquidazione all’architetto degli ultimi 140mila euro e un intervento sulla pavimentazione del Mudec, da mettere a segno entro 6 mesi, perché proprio sotto il pavimento stava nascosta la ruggine tra le parti, proprio sul pavimento si è consumato lo scontro tra Palazzo Marino e l’architetto.
Il concorso internazionale per la progettazione del Mudec fu lanciato nel 1999 e Chipperfield se lo aggiudicò l’anno successivo. I lavori iniziarono solo nel 2008. Lo scontro con Palazzo Marino si consumò nel 2015: il 19 marzo di quell’anno, ad una settimana dall’apertura del Mudec, Chipperfield accusò pubblicamente il Comune di essere «incapace e pigro». «Ci siamo dovuti confrontare con 3 sindaci, 4 assessori ai Lavori pubblici, 6 assessori alla Cultura, 8 responsabili del procedimento, abbiamo svolto 72 riunioni e 74 sopralluoghi» proruppe il 19 marzo 2015 l’archistar. A suscitarne l’ira fu, come anticipato, il materiale scelto dal Comune per i pavimenti, a suo dire non conforme al progetto originale da lui firmato, un materiale dall’effetto estetico non uguale a quello da lui immaginato. Per gli amanti del genere, Chipperfield aveva chiesto si usasse la pietra basaltina di Viterbo, ma da Palazzo Marino l’allora responsabile del procedimento, Massimiliano Papetti, fece sapere che il Comune aveva scelto una pietra etnea, meno costosa: risparmio di 1 milione di euro su un progetto di 60 milioni. Eccolo lo «scostamento» al quale farà riferimento il cartello all’ingresso del Mudec, quello col quale l’architetto riconosce la paternità dell’opera e il Comune riconosce che l’impatto estetico della pavimentazione non è riconducibile a quello originariamente concepito.
Il contenzioso tra l’archistar e il Comune si aprì contestualmente all’inaugurazione del Mudec, un’inaugurazione nel corso della quale era letteralmente vietato scandire quel cognome: «Chip-per-field». L’architetto aveva infatti inviato alla Giunta una formale diffida. A distanza di due anni, ecco la conciliazione. L’intervento di omogeneizzazione del pavimento sarà condotto ancora dal Consorzio Cooperative Costruzioni. Quanto al cartello, il contenuto sarà il seguente: «Il Mudec è stato realizzato sulla base di un progetto predisposto dall’associazione temporanea d’imprese guidata dall’architetto David Alan Chipperfield e composta da David Chipperfield Architects Ltd, Sajni e Zambetti Srl, e dall’architetto Giuseppe Zampieri, a seguito dell’aggiudicazione, nell’anno 2000, del concorso bandito dal Comune nel 1999 (...) Le complesse fasi di progettazione e realizzazione si sono protratte per circa 15 anni, comportando alcuni scostamenti d’impatto estetico rispetto a quanto originariamente concepito. Tali scostamenti non hanno comunque impedito all’associazione temporanea d’imprese e alla David Chipperfield Architects Ltd, alla David Chipperfield Architects Srl e all’architetto David Alan Chipperfield, di riconoscere l’opera nel maggio del 2017».
giambattista.anastasio@ilgiorno.net