Rogoredo, dramma al bosco della droga: muore eroinomane di 48 anni

Soccorso nella notte in via Sant’Arialdo e deceduto in ospedale

Malgrado il piano di riqualificazione i "fantasmi" continuano a bucarsi nel boschetto

Malgrado il piano di riqualificazione i "fantasmi" continuano a bucarsi nel boschetto

Milano, 2 ottobre 2017 - Paolo G. aveva 48 anni. Era un «vecchio tossico», come si dice nel gergo degli eroinomani. Uno di quelli che non sono mai riusciti a liberarsi della scimmia dalle spalle. Uno di quelli che spesso incroci al boschetto della droga di Rogoredo e che ti ripetono: «Ci ho provato tante volte, ma poi ci ricasco sempre». E proprio lì, all’inizio di via Sant’Arialdo, l’hanno soccorso i sanitari del 118 nella notte tra venerdì e sabato: l’uomo è stato trasportato in gravissime condizioni al Monzino, dov’è deceduto poco dopo il ricovero in pronto soccorso. Con ogni probabilità, il cuore di Paolo non ha retto all’ennesima dose di stupefacente iniettata in vena. E la sua morte non può non riaccendere i riflettori su un’area che Comune e forze dell’ordine stanno provando in tutti i modi a strappare al degrado.

Dopo i blitz in serie di carabinieri, polizia e vigili, è partita la fase due del piano di «liberazione» del boschetto a due passi dalla stazione dell’Alta velocità: l’intera zona verde, estesa anziché no, è stata affidata alle cure dell’associazione Italia Nostra, che già domenica scorsa ha radunato più di 200 volontari armati di ramazze per una giornata di pulizia straordinaria. Il percorso sarà lungo, intendiamoci, ma l’attenzione delle istituzioni non è mai stata così alta come in questo periodo. C’è una foto-simbolo a fare idealmente da spartiacque tra il passato di completo e colpevole disinteresse e il presente di febbrile attività anti-spaccio: la ruspa dell’Amsa che butta giù le staccionate fatte di tronchi e arbusti creando di fatto un inedito varco nei fortini all’apparenza inespugnabili dei pusher. Da allora, la presenza dei clienti si è sensibilmente ridotta, ma il problema è tutt’altro che risolto. E la tragica fine di Paolo è lì a dimostrare che il pellegrinaggio dell’umanità dolente non si è mai fermato. Al massimo si è spostato di qualche centinaio di metri, in una porzione di territorio ancor più inaccessibile: la spianata sotto la tangenziale che costeggia i binari della ferrovia in via Orwell.

Dai convogli in transito si scorgono decine di persone in fila davanti alla recinzione, in attesa della dose quotidiana; gli spacciatori stanno dall’altra parte, pronti a scappare lungo i binari in caso di controlli a sorpresa degli investigatori.

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