
L'ospedale Sacco
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Sono stati tutti assolti "perché il fatto non sussiste" i dirigenti medici coinvolti nella delicata inchiesta sulle morti “misteriose“ di tre pazienti al Sacco. Tre pazienti deceduti nel giro di un mese a mezzo a causa di infezioni contratte in ospedale, ma di cui non è stato possibile dimostrare il nesso causale fra la malattia ipoteticamente contratta in reparto e la morte. Tre decessi sospetti, nonostante l’età dei malati, perché le vittime erano ricoverate in reparti ad alta protezione come cardiochirurgia e terapia intensiva. La delicata inchiesta della magistratura era andata avanti sottotraccia per tre anni e si era chiusa con l’incriminazione dei vertici dell’Ospedale Sacco, struttura di eccellenza a livello nazionale e in prima linea nel contrasto e nella cura del Covid, ma che in questa vicenda, per la Procura, avrebbe mostrato carenze inconcepibili a livello igienico-sanitario.
È per questo che il direttore medico del Sacco e i direttori delle due unità operative coinvolte, tutti assolti, difesi nell’ordine dall’avvocato Diego Munafò, Luigi Isolabella e Vinicio Nardo, erano stati indagati per omicidio colposo per "non aver disposto adeguati protocolli, misure di vigilanza ed istruzioni operative, al fine di prevenire la diffusione di infezioni nosocomiali nel blocco operatorio di cardiochirurgia e nell’unità terapia intensiva cardiologia". Un’accusa nata anche da un sopralluogo di polizia giudiziaria e tecnici dell’Ats avvenuto al Sacco. Stando alla contestazione del pm Maria Letizia Mocciaro, "nel blocco operatorio di cardiochirurgia le aree prospicenti alle zone “risveglio” e “induzione” risultavano ingombre di diverso materiale accatastato, scatole, attrezzature, halipack (contenitori per rifiuti sanitari) pronti all’uso e impilati sino quasi al soffitto", rendendo difficile "una corretta azione di pulizia degli ambienti", pur in un contesto a così alto rischio per pazienti facilmente aggredibili dalle infezioni.
E poi, al contrario di quanto indicato dalla planimetria dei due reparti, "il materiale sporco in uscita dalle sale operatorie veniva portato attraverso il locale “sterilizzazione” e, successivamente, tramite il corridoio adiacente dedicato, raggiungeva l’area di stoccaggio aziendale rifiuti". Per di più, sempre secondo la Procura, "l’operatore che eseguiva tale operazione ritornava (da zone sporca a zona pulita) nel blocco attraverso la stesso percorso (corridoio-locale sterilizzazione-preparazione medici) senza rifiltrarsi". Una situazione davvero a rischio, confermata agli inquirenti anche dal personale addetto, che secondo il pm Mocciaro "determinava una costante commistione tra i percorsi dedicati allo sporco e quello dedicato al pulito", rendendo possibile il diffondersi di infezioni. "I carrelli di approvvigionamento del materiale, inoltre, entravano nel blocco operatorio senza che il materiale stesso venisse spostato su carrelli dedicati", accusava la Procura.
Così, «la mancata osservanza dei percorsi sporco-pulito ostacolava il mantenimento di un elevato standard di pulizia, così come richiesto per le aree critiche". È in un contesto del genere che tra fine marzo e i primi di maggio del 2017 morirono al Sacco tre anziani pazienti, un 86enne sardo e una 78enne campana ai quali era stata sostituita la valvola aortica, e infine un 79enne milanese al quale erano stati inseriti due bypass coronarici. Ieri si è chiusa la vicenda processuale. L’ospedale aveva già risarcito le famiglie degli anziani.
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