GABRIELE MORONI
Cronaca

"Un giorno ritroverò la mia Matilda e riprenderò da dove l’ho lasciata"

Resta un mistero, per sentenza, chi sferrò un colpo – forse un calcio – alla schiena della bimba di 22 mesi Dopo 16 anni resta solo la desolazione della madre. I suoi avvocati: lasciati soli dalla pubblica accusa

Elena Romani con il suo legale al primo processo nel 2006

Milano, 7 febbraio 2021 - Si fronteggiano per l’ultima volta. Nel ricordo di una bambina che se avesse potuto proseguire il suo viaggio fra poco avrebbe compiuto diciotto anni. Elena Romani, la madre di Matilda Borin. Il suo compagno di allora, Antonino Cangialosi. Accusati di omicidio preterintenzionale, entrambi assolti, pienamente e per sempre. Per le sentenze nessuno dei due, un pomeriggio di luglio del 2005, sferrò quel colpo, forse un calcio, senza la volontà di uccidere ma devastante per una vita di ventidue mesi. "Sono sicura - dice Elena, che vive a Legnano con il nuovo compagno e i due figli - che un giorno ritroverò Mati come l’ho lasciata e riprenderò da dove l’ho lasciata. Ringrazio i miei avvocati. Hanno creduto in me e dato tutto. Purtroppo ci sono dinamiche che non si possono controllare. Non si può fare luce su tutto. Mi dispiace. Non doveva andare così, non solo per mia figlia, ma per tutti. Mati e la mia coscienza mi hanno dato la forza per andare avanti, continuare a combattere per sedici anni".

Dopo il pronunciamento della Cassazione che lo ha definitivamente scagionato, Cangialosi si affida a una pacata dichiarazione: "Si chiude un incubo. In questo momento il mio pensiero non è rancoroso, ma solo di rispetto e religioso silenzio per Matilda". Rimane la contrapposizione fra gli avvocati. "La Cassazione - dice Andrea Delmastro, difensore di Cangialosi - ha ribadito due sentenze: Cangialosi non ha commesso il fatto. Per una serie di elementi confermati da una superperizia, c’era l’impossibilità scientifica che a uccidere fosse stato Cangialosi. Era assolutamente scagionante la perizia sulla perdita di coscienza e i tempi di sopravvivenza della bambina. Era impossibile che l’evento si fosse verificato in quel breve arco di tempo in cui Matilda si trovava sola con Cangialosi. Era accaduto prima, mentre la bambina era con la madre e l’uomo dormiva. La parte civile ha tentato di processare Cangialosi in base al principio “se non è stata la Romani non può essere stato che Cangialosi”. Un assioma che non poteva passare".

Amarezza nelle parole di Tiberio Massironi, legale della Romani con Roberto Scheda: "Matilda è sola con la madre e Cangialosi dorme. Se ha già ricevuto il colpo che ha diviso in due il rene destro, diviso il fegato, lesionato il rene sinistro, conficcato la settima costola nel polmone, come si può pensare che non urli di dolore, cammini verso Cangialosi, si lasci prendere in braccio da lui, risponda quando le chiede quale Dvd vuole vedere? Matilda viene colpita dopo, mentre Elena è fuori casa. Su questo la scienza non ha risposto. Quando si è trattato di procedere contro Cangialosi ci siamo trovati soli. La pubblica accusa è mancata. Se Elena avesse voluto chiudere questa vicenda già nel 2015, avrebbe potuto farlo visto che c’era stata una sentenza di non luogo a procedere per Cangialosi. Invece ha voluto cercare giustizia per sua figlia".