
Imane Fadil
Milano, 22 maggio 2019 - L’agonia di Imane Fadil, la ex Olgettina, ospite delle cene eleganti di Arcore, scomparsa lo scorso 1 marzo all’ospedale Humanitas di Rozzano, rischia di essere più lunga e persino più dolorosa dopo la morte. A tre mesi dal suo ultimo giorno di vita e dalla contestuale apertura di un fascicolo da parte della Procura per omicidio volontario, non c’è una spiegazione sulle cause della morte, non c’è ancora una diagnosi certa e ufficiale. Le indagini cliniche e chimiche post mortem, oltre a quelle effettuate durante i tre mesi di ricovero in una clinica di eccellenza, non sarebbero state sufficienti per trovare nulla di quello che gli investigatori avevano ipotizzato in un primo momento. Nessuno scenario apocalittico, nessuna spy story.
Fadil insomma non sarebbe stata avvelenata, almeno non dolosamente, Fadil non sarebbe mai stata radioattiva, come - questo sì - confermato da una prima consulenza depositata a fine marzo. Insomma la morte della ex modella sarebbe da ricercare in motivi che nulla hanno a che vedere con i complotti. Sarebbe solo la tragedia di una ragazza giovane, partita con la carta giusta di una avvenenza fisica non comune, ma poi perseguitata dalla sfortuna. Sfortunata nella vita, nella morte e purtroppo anche dopo. Quel corpo ridotto in nulla dalla malattia è ancora all’obitorio di piazzale Gorini. Come ha detto uno dei magistrati che indaga sul complesso caso, «Fadil davvero ha incontrato il diavolo nella sua vita». Ad aggravare un quadro disperato la rincorsa di conferme, seguite da smentite su ipotetiche prognosi infauste. Fadil avvelenata come si usa fare con le spie: la ragazza sarebbe stata addirittura radioattiva. La Procura aveva disposto un’autopsia superblindata, e dunque, sale dell’ospedale e dell’obitorio schermate, maschere e camici piombati, persino l’intervento del nucleo antibatteriologico dei vigili del fuoco. Il 27 marzo arriva la conferma della massima autorità in materia, l’Enea di Roma, che mette fine a una lunga serie di illazioni e le rende quasi ridicole: «Sul corpo della giovane modella non ci sono tracce di sostanze radioattive».
Poi è stata la volta del prelievo di tessuti dagli organi interni per effettuare carotaggi diretti ad escludere avvelenamenti. Anche qui, nessuna svolta. Nessun segno di avvelenamento conclamato, non come lo si intende nel senso comune, almeno. Un piccolo dubbio sulla percentuale di metalli trovati nel sangue con due eccezioni da sollevare però: la prima che il sangue della giovane sarebbe stato lavato più volte quindi a distanza di sei mesi dal presunto avvelenamento non sarebbe stato più possibile ritrovarne tracce importanti, e poi che le percentuali trovate, anche con le rispettive proporzioni dovute al lavaggio, non sarebbero state comunque tali da portare alla morte. Poi è stata la volta degli esami tossicologici di cui si attende ancora l’esito perché nel frattempo ci sono state due proroghe.
Questa doveva essere la settimana decisiva per capire come è morta la povera ex teste del processo Ruby ter, ma gli inquirenti hanno comunicato ieri che attendono ancora la relazione finale dei medici, altro non dicono e non confermano. Questa relazione arriverà presumibilmente - hanno spiegato - la settimana prossima, perché i medici che dovevano redigere l’esito ufficiale controfirmato della consulenza sono fuori Milano. E c’è un altro, ultimo, aspetto importante della vicenda. Quale sarebbe il movente dell’omicidio volontario? Chi voleva uccidere una teste che da tempo non era nemmeno più parte civile nel processo? Fadil prometteva di pubblicare un libro-rivelazione, prima di morire, ma quel libro lo hanno letto in tanti, non c’era alcuna rivelazione e nessun editore lo ha mai pubblicato.