
Silvana Damato, 69 anni, è stata trovata morta nel suo appartamento
MILANO – Una coltellata alla gola. Gli occhi tumefatti, forse come conseguenza di pugni. Silvana Damato, pensionata di 69 anni, era dentro la vasca da bagno immersa per metà nell’acqua e con il volto rivolto all’insù. Addosso, la sua vestaglia e gli slip. Così i vigili del fuoco l’hanno trovata venerdì scorso, senza vita, nel suo alloggio al sesto piano del palazzo popolare di via Bisnati 7 nel quartiere Bruzzano di Milano. La Procura ha aperto un fascicolo per omicidio e sono in corso le indagini dei carabinieri. Dai primi esiti dell’autopsia emerge che nessuna ferita sarebbe stata letale, ma il fendente alla gola, sferrato con un coltello o con un oggetto appuntito, potrebbe aver causato un’emorragia interna, fatto che spiegherebbe perché dentro l’acqua non ci fosse sangue.
L’altra ipotesi è che la donna sia stata colpita in un altro luogo e poi gettata nella vasca, riempita poi d’acqua forse per cancellare le prove o per inscenare un suicidio. Non c’era sangue neppure in casa (ma le stanze verranno esaminate con il luminol). Serviranno altri accertamenti anche per rilevare l’eventuale presenza di acqua nei polmoni. L’ultima a vederla viva è stata una sua vicina di casa, verso mezzogiorno di venerdì 8. “Mia moglie l’ha incrociata e si sono salutate”, racconta Ferdinando Lombardo, che spiega anche quali fossero le abitudini della donna: “Ogni mattina prendeva la sua bicicletta e andava a fare colazione al bar sotto i portici, dove comprava anche il pane”, tra via Da Seregno e piazza Fortunato.
Poi, nel pomeriggio, frequentava la caffetteria Sun Strac di fronte al laghetto del Parco Nord, dove giocava a burraco con alcuni amici. Sono stati loro, non vedendola arrivare e non riuscendo a contattarla, a dare l’allarme. “È stato un brutto pomeriggio. Nessuno di noi poteva immaginare una cosa del genere”, dice Massimiliano Bignami, il gestore. Adesso, vicino al chiosco appesa una foto con un messaggio: “Ti ricorderemo sempre. Amiche e amici del parco”. Andrea Chemelli, dipendente del locale, descrive la signora come “una donna che amava la compagnia ma anche molto ingenua. Avrebbe aperto di sicuro la porta a un suo conoscente”. Ed è verosimile che abbia fatto entrare il suo assassino. Anche perché la porta era chiusa, ma le sue chiavi sono sparite.
“Non ce lo spieghiamo. Lei era sola, non aveva l’abitudine di invitare persone”, continua Ferdinando. “Io la conosco da 40 anni”. È una vita che pare senza ombre, quella della 69enne, ex tabaccaia in Stazione Centrale, divorziata da tempo, madre di una figlia e nonna di due nipoti. “Un omicidio che per noi è surreale”, conclude Chemelli.