Stazione Centrale, militare ferito a colpi di forbici: aggressore resta in carcere

Il 23enne yemenita resta in cella a San Vittore con l'accusa di tentato omicidio aggravata dalla finalità terroristica e dalla violenza a pubblico ufficiale

Il luogo dell'aggressione

Il luogo dell'aggressione

Milano, 19 settembre 2019 - Resta in carcere con l'accusa di tentato omicidio aggravata dalla finalità terroristica e dalla violenza a pubblico ufficialeMahamad Fathe, il 23enne yemenita che martedì ha ferito con delle forbici un militare alla stazione Centrale di Milano. E' la decisione del gip Natalia Imarisio che ha convalidato l'arresto e disposto la misura cautelare, come chiesto dal capo dell'antiterrorismo, il pm Alberto Nobili. Per il gip, c'è il pericolo che possa commettere ancora azione violente, possa fuggire e inquinare le prove.

Lo yenemita stamane si è rifiutato di presentarsi davanti al gip per l'interrogatorio. È rimasto dentro la cella a San Vittore e non si è voluto presentare nella stanza per l'interrogatorio, malgrado sia il suo difensore sia un mediatore culturale abbiano cercato di convincerlo. Nel primo interrogatorio, difeso dall'avvocato Paola Patruno, il 23enne ha ripetuto più volte di essere "contro l'Isis e il terrorismo", di non avere contatti né conoscenze con terroristi e ha anche detto di non ricordare di aver gridato 'Allah akbar', anche perché era in stato confusionale, "da cinque giorni - ha aggiunto - non mangiavo". E poi, come chiarito dal difensore, ha chiesto "scusa" per il suo gesto e ha voluto sapere in che condizioni fosse il militare ferito. "Io sono per la pace - ha detto ancora - il terrorismo ha rovinato il mio Paese". La difesa del giovane sta valutando di chiedere che venga effettuata una perizia psichiatrica per valutare la sua capacità di intendere e di volere al momento del fatto.

Inquirenti e investigatori, che stanno analizzando il cellulare del 23enne musulmano sunnita, dove hanno trovato video con delle "scene di guerra", probabilmente di combattimenti in Yemen e scaricate dalla rete, e che sono convinti al momento di avere a che fare con un uomo che ha unito disperazione e derive radicali per agire, hanno contestato il tentato omicidio con l'aggravante delle finalità terroristiche. Oltre al grido 'Allah Akbar' quando è stato bloccato, il giovane, secondo gli inquirenti, ha agito, infatti, con le "modalità aggressive" tipiche del terrorismo e con l'intento di "morire da martire per raggiungere il regno di Allah".

 

 

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