
Tra grattacieli e progetti visionari. La trasformazione in un decennio. .
Anastasio
A Milano la vocazione a slanciarsi verso l’alto è antica: nel 1960 veniva inaugurato il Pirellone, allora sede degli uffici della Pirelli e oggi del Consiglio regionale, l’anno successivo la Torre Velasca. Due grattacieli simbolo, due vette irrinunciabili dello skyline cittadino. Erano gli anni del boom economico, della definitiva uscita della città dallo shock e dagli stenti del Dopoguerra. E così sarà sempre: a Milano il mattone e i grattacieli sono sempre stati una risposta, una reazione a fasi di particolare difficoltà. I grattacieli che hanno trasformato Milano da grigia città industriale a città dell’overtourism sono stati inaugurati tra il 2014 e il 2019 da sindaci di centrosinistra, Giuliano Pisapia e Giuseppe Sala, ma in molti casi il loro concepimento e la loro gestazione risalgono a tempo prima, agli anni delle Giunte di centrodestra di Gabriele Albertini e Letizia Moratti, agli anni in cui la politica milanese sente di potersi sbarazzare di un timore, quasi un pudore, che si portava dietro da Tangentopoli: il timore e il pudore di tornare a parlare, a pianificare il futuro e, soprattutto, a mostrarsi in pubblico e in partnership con i grandi gruppi di pressione e di potere, a partire dalla lobby del mattone. Se dietro le quinte i rapporti non si sono mai interrotti, il ritorno in proscenio viene invece facilitato non solo dal vuoto lasciato in diverse aree della città dalla de-industrializzazione ma anche dallo svecchiamento del lessico e della missione dell’immobiliare: non più "sviluppo immobiliare" ma "rigenerazione urbana", non più "piano o intervento edilizio" ma "piano o intervento di ricucitura urbana", non più solo "edilizia" ma "edilizia sostenibile".E a cambiare è stata l’immagine stessa dell’immobiliarista, più incline a mostrare la tasca green, mecenatistica e sociale del proprio portafoglio.
In questo contesto nasce la Milano che scintilla dei flash dei turisti, quella del Bosco Verticale, delle Torri Unicredit (2014), Isozaki (il grattacielo noto come “Il dritto“, 2015) , Hadid o Generali (“Lo storto“, 2019), Libeskind (“Il curvo“ 2020). Le ultime tre Torri sono una accanto all’altra nel quartiere CityLife, dove una volta c’era la Fiera. Il Bosco Verticale è sull’area delle ex Varesine, quella che fu del Luna Park. Quartieri ora firmati come abiti. Le firme delle Archistar. Il terzo tempo del ballo (milanese) del mattone è di nuovo un tempo di reazione, stavolta allo shock e allo stallo del Covid. È per riaccendere l’economia e l’indotto della metropoli dopo il biennio pandemico, che il concetto e la prassi della rigenerazione urbana si evolvono. Ma fino all’estremo per la Procura. Si evolvono nel solco di altre parole non nuove, ma sempre magiche: semplificazione, sburocratizzazione. Regole da "liberi tutti" per lasciarsi alle spalle il biennio del "fermi tutti". Quasi tutti gli interventi sui quali si sono accesi i fari della magistratura – torri o no che siano – sono interventi di rigenerazione urbana. Forse. Sono tali per la Giunta di Giuseppe Sala e dell’assessore Giancarlo Tancredi. Non per la Procura, che contesta un concetto di rigenerazione che consente di trasformare edifici di pochi piani in grattacieli, di slanciare nuovi palazzi nel bel mezzo di cortili sui quali ne svettano già altri, come nel caso dell’Hidden Park di piazza Aspromonte, caso che ha dato il via alle indagini.
Contesta, la Procura, che questo tipo di rigenerazione possa accompagnarsi a una semplificazione che legittimi il Comune a usare a investitori e costruttori immobiliari la cortesia di oneri di urbanizzazione scontati. Per Procura e Corte di Conti questa cortesia vale una contestazione di "danno erariale", pari a 321mila euro solo nel caso delle Park Towers. Nel frattempo, a fronte di questi sconti, il Comune chiede a enti e associazioni che vogliano prendere in affitto locali pubblici per fare attività sociali o culturali di pagare persino le manutenzioni straordinarie. E allora il modello Milano si fa per pochi, sembra chiudersi e ripiegarsi su se stesso. Proprio come, quindici giorni fa, la mega-insegna delle Generali sul grattacielo Hadid.