Milano innovativa senza cancellare la sua identità

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Luigi

Corbani*

Modernità: "Una parola affascinante e ambigua al tempo stesso, che, mentre allude all’adesione collettiva al gusto e allo spirito contemporaneo, non riesce a eludere un retrogusto effimero,

legato al concetto di “moda” di stretta attualità", scrive Fulvio Irace nella prefazione ad un bel libro “Milano Moderna: architettura, arte, città 1947-2021”. "L’identità di Milano dal punto di vista architettonico è stata caratterizzata in ogni tempo da novità, audacia, ottimismo, standard altissimo. Ma l’esplosione urbanistica degli ultimi anni è diversa, frutto di una visione globalizzata. I format più recenti arrivati dall’estero solo in alcuni casi nascono da una ricerca e da un pensiero su questa specifica città, e allora sono interventi positivi. In altri casi, invece, fanno notizia, ma rappresentano corpi estranei, marziani sbarcati nel tessuto urbano", dichiara Irace in una intervista. Troppo spesso impera una visione per cui il “nuovo” o il “moderno” sono di per sé belli, mentre l’antico, se non è tanto antico, è di per sé da buttare perché sa di vecchio e brutto. Che senso ha demolire, per esempio, un’opera architettonica e ingegneristica all’avanguardia, come il secondo anello dello stadio di San Siro, che integra il primo anello, con le sue rampe innovative? E non sono forse dei capolavori, anche se non hanno ancora i settant’anni previsti per la tutela, il grattacielo Pirelli, con la sua forma aerodinamica o la Torre Velasca "manifesto di un modello alternativo di intendere l’eredità del moderno e di affermare il rapporto con le “preesistenze ambientali", come scrive Ilaria Valente.

Milano oggi "è opera soprattutto di architetti internazionali che vi hanno importato – non sempre appropriatamente e ciascuno con gradi variabili di impegno – i segni del globalismo, e nei casi più discutibili, dell’omologazione. È esattamente il piano di confronto su cui questo libro sollecita i suoi lettori a interrogarsi e discutere nell’auspicio di tornare ad essere una comunità critica e non semplici consumatori". Sarebbe bello e utile che questo auspicato confronto si svolgesse nella sede più rappresentativa dei cittadini milanesi, nel Consiglio Comunale di Milano. Ma perché ciò accada non c’è bisogno di leggi, norme e regolamenti; c’è bisogno di uno scatto di orgoglio di ciascun rappresentante eletto, di coraggio politico dei gruppi consiliari e di senso della dignità della istituzione da parte di tutti. Perché Milano torni ad essere innovativa senza cancellare la sua identità, annegandola in un nuovismo globalizzato o in un modernismo omologato.

* Già vicesindaco di Milano

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