Milano, la strage dei ciclisti travolti dai camion: 4 morti in 6 mesi

L’incidente in Comasina costato la vita al 54enne residente a Cormano è solo l’ultimo di una lunga serie iniziata a novembre dell’anno sorso

I rilievi della polizia locale in via Comasina

I rilievi della polizia locale in via Comasina

Milano – Quattro incidenti mortali in sei mesi. Dinamiche tragicamente identiche. La bicicletta sul lato destro della carreggiata. Di fianco un camion o un autoarticolato. I due mezzi viaggiano paralleli, e quando quello pesante svolta a destra al semaforo succede tutto in un attimo. L’impatto è inevitabile e l’esito scontato: il ciclista a terra, travolto dalle ruote senza scampo; l’autista incredulo per non essersi accorto prima di quella presenza, nascosta nell’angolo "cieco" che lo specchietto retrovisore inquadra solo parzialmente.

È andata così anche ieri mattina, e per ricostruire quanto l’accaduto potremmo utilizzare le stesse parole già scritte il 2 novembre, il primo febbraio e il 20 aprile. Stesso dolore. Stessi discorsi sull’evitabilità degli incidenti. Stesse domande sulla complicatissima convivenza in strada tra veicoli di peso imparagonabile. Stesse risposte sull’urgenza di introdurre regole che garantiscano più sicurezza a ciclisti e pedoni in una metropoli attraversata ogni giorno da migliaia di camion di vario tonnellaggio. Ore 10.20, siamo nella periferia nord. Tianjiao Li, 54enne di origine cinese residente a Cormano, sta percorrendo via Comasina verso il centro città: in quel tratto di strada, che corre accanto ai binari dell’ex metrotranvia, c’è un percorso ciclopedonale di un centinaio di metri che all’incrocio si sdoppia da un lato in una corsia per i pedoni e dall’altro nella ciclabile che prosegue verso Affori. Il ciclista non lo imbocca e resta sulla strada, ma all’angolo semaforizzato con via Novate la sua bicicletta viene centrata da un autoarticolato di dodici metri: Li resta agonizzante sull’asfalto; la due ruote viene trascinata per circa 300 metri, fin quando un altro camionista richiama a colpi di clacson l’attenzione del conducente che lo precede, che evidentemente non si è accorto di nulla.

Le manovre di rianimazione vanno avanti per circa mezz’ora, poi il 54enne viene trasportato al Niguarda: niente da fare, morirà pochi minuti dopo l’arrivo in pronto soccorso. Partono i rilievi dei vigili del Radiomobile, in due punti: all’incrocio, dov’è stato ritrovato il corpo di Li; e più avanti, sull’autoarticolato e sulla bici (quasi intatta) incastrata sotto la parte anteriore. Per i filmati delle telecamere, bisognerà attendere oggi, per capire se siano funzionanti e se abbiano ripreso qualcosa di utile a un’inchiesta che pare già chiusa. I test su alcol e droga hanno dato esito negativo: l’autista italiano di 55 anni era lucido al momento dell’incidente.

Così come lo era il conducente della betoniera che il 2 novembre ha travolto ai Bastioni di Porta Nuova la bici della maestra di yoga Silvia Salvarani, morta a 66 anni dopo due settimane di agonia in ospedale.

Il primo febbraio, il medesimo drammatico destino è toccato alla 38enne Francesca Veronica D’Incà, investita dal camion di una ditta di traslochi all’incrocio tra piazzale Loreto e viale Brianza: il mezzo pesante e la bici sono partiti insieme al verde, ma il primo ha svoltato a destra travolgendo il secondo e non dando alcuna possibilità di salvezza alla manager, madre di una bambina di due anni.

Meno di tre settimane fa, infine, è morta Cristina Scozia, 39 anni compiuti sette giorni prima: pure lei è finita sotto una betoniera, all’angolo tra via Sforza e corso di Porta Vittoria. Non era in bicicletta, ma è stata comunque uccisa da un mezzo pesante in movimento, la signora Angela Bisceglia, 95 anni, che la mattina del 9 febbraio, appena uscita di casa, è stata travolta da un furgone in retromarcia sul marciapiedi di via Valassina.

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