MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Mike Bongiorno, i ricordi del figlio Leonardo: “Al ristorante firmava autografi per ore. Che belli i nostri viaggi in tenda”

Milano, il più piccolo della famiglia racconta la vita accanto a un mito della tv: “Il suo più grande insegnamento? Ogni cosa dev’essere guadagnata con il sacrificio e la fatica”

Leonardo Bongiorno (34 anni). A destra, con il padre Mike dopo la vittoria di un Telegatto

Leonardo Bongiorno (34 anni). A destra, con il padre Mike dopo la vittoria di un Telegatto

Milano – “Mio padre guardava sempre avanti, non si fermava mai. Fino alla fine ancora progettava di lavorare per programmi televisivi. Ecco, forse ora, a 100 anni, per la prima volta si sarebbe seduto e guardando indietro magari avrebbe esclamato ‘che bello tutto ciò che ho creato’”. Leonardo Bongiorno, 34 anni, è il figlio più piccolo di Mike Bongiorno, che affettuosamente chiamava “Leolino“.

Laureato in Bocconi, si occupa di investimenti in finanza e nel settore immobiliare. Oggi Mike avrebbe compiuto un secolo di vita. Scomparso nel 2009, ha segnato la storia della tivù italiana, che è nata con lui nel 1953, e poi di nuovo alla fine degli anni 70 con le prime trasmissioni commerciali. Lui c’era. Sempre. E ancora riecheggia il suo saluto: "Allegria".

Com’era suo padre negli ultimi tempi, lontano dai riflettori?

“Negli ultimi tempi si rendeva conto che stava invecchiando ma era sempre nel pieno della vita, e così è stato fino all’ultimo. Io me lo ricordo sempre operativo, non si è mai seduto in poltrona, ha lavorato fino alla fine”.

Il più grande insegnamento che le ha lasciato?

“Che ogni cosa deve essere guadagnata, frutto di fatica. C’era sempre, nelle sue azioni e nei suoi discorsi, un collegamento tra il merito e il risultato. Anche quando era “Mike Bongiorno“ andava al lavoro come fosse sempre il primo giorno, con lo stesso entusiasmo e lo stesso impegno: negli studi televisivi era sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via. Il suo insegnamento era quello di studiare, di sudarsi ogni cosa. C’era sempre la fatica da mettere in conto per poter ottenere un risultato. E lui dava l’esempio”.

Lei poi ha intrapreso una strada tutta diversa. Non è mai stato attratto dalla televisione?

“Non era la mia strada, non ho mai voluto fare il figlio d’arte, anche se mio padre mi portava spesso con lui, come gesto d’amore”.

C’è qualcosa di cui suo padre andava particolarmente fiero?

"Il fatto di essere considerato un innovatore, perché ha lanciato la tivù in Italia, praticamente nata con lui. Ma soprattutto era fiero di aver insegnato l’italiano agli italiani, come gli disse una volta il presidente dell’Accademia della Crusca (Francesco Sabatini, che ora è presidente onorario, ndr ): le persone allora parlavano tanti dialetti diversi e mio padre ha unito tutti sotto l’ala dell’italiano. Ma non solo gli italiani: incontro persone straniere che mi raccontano di aver imparato la nostra lingua guardando i programmi di mio padre".

Com’era, essere “il figlio di Mike“?

"C’erano gli onori, l’attenzione ovunque si andasse, ma anche gli oneri. Ricordo che quando ero bambino anche una semplice cena fuori durava ore, perché mio padre si fermava a firmare autografi a tutti i fan. Ecco, ci insegnava l’umiltà anche così e a pensarci oggi mi riempie il cuore. Ricordo anche i viaggi bellissimi che facevamo insieme ogni anno, in famiglia: abbiamo girato il mondo. E lui voleva che ogni esperienza fosse autentica, durante le esplorazioni più avventurose dormiva anche in tenda".

A casa era allegro?

"Era un uomo del 1924, ci teneva a certe formalità. Ma quando si apriva lasciava spazio a tutta la sua ironia e simpatia. Sapeva incantare, non solo sullo schermo".