STEFANIA CONSENTI
Cronaca

Le memorie dell’ex staffetta partigiana: la prima volta delle donne al voto e la nascita della Repubblica

Sandra Gilardelli, 99 anni, è da sempre un’infaticabile testimone nelle scuole milanesi: "I giovani ignorano la storia: non bisogna mai smettere di costruire memoria"

Sandra Gilardelli instancabile divulgatrice della Costituzione, ex staffetta partigiana Fiori

Sandra Gilardelli instancabile divulgatrice della Costituzione, ex staffetta partigiana Fiori

Milano –  Sandra Gilardelli, ex staffetta partigiana nella Brigata Alpina Cesare Battisti, 99 anni il mese prossimo, “repubblicana sin dalla prima ora e poi ancora più a sinistra” (confessa) oggi è la Festa della Repubblica. Che ricordi ha di quel 2 giugno del 1946, con le donne chiamate al voto per la prima volta?

"La mia città era in festa, l’obiettivo era stato raggiunto, eravamo riusciti a conquistare la libertà perché come diceva mio padre ’l’uomo non libero non è felice’. Ho vissuto quella giornata con gioia trasmessa...avrei compiuto 21 anni il mese dopo e quindi non ho potuto votare ma ho accompagnato mia madre che era fiera di poter esercitare questo diritto per la prima volta. Siamo andati a votare nelle scuole di viale Romagna. Ricordo mio padre, ancora più coinvolto, e consapevole dell’importanza di quelle elezioni dopo tanti sacrifici e lotte".

Lei a marzo scorso è stata premiata dall’Associazione Art 3 con la motivazione che recita così: «Per il coraggio dimostrato nella Resistenza partigiana e per la conquista delle libertà alla base della nostra Costituzione». Che cosa la spinse a collaborare con i partigiani, e a correre tanti rischi?

"È stato naturale, sin da piccola sono cresciuta a pane e antifascismo, mio padre è stato un bravo maestro. Motivo per cui quando è stato il momento sono stata io a propormi ai partigiani, volevo dare il mio contributo per raggiungere la libertà. Ho corso tanti pericoli, sono stata incosciente e molto fortunata".

Sandra dopo gli studi al liceo classico Parini di Milano, abbandonati per lo scoppio della Seconda guerra mondiale, nel febbraio del 1943, a causa di un’ incursione aerea su Milano, si trasferisce con la famiglia a Pian Nava, un piccolo villaggio sulle montagne del Verbano, sopra a Intra. Dopo l’8 settembre entra in contatto con la Brigata Alpina che ha un posto di comando a Premeno, a un paio di chilometri da Pian Nava, e con loro inizia a collaborare come staffetta e aiutando il medico a curare i feriti.

Ancora oggi è una testimone instancabile, va nelle scuole a parlare con i ragazzi, una divulgatrice della «cultura della Costituzione». Cosa pensa del progetto di premierato della Meloni?

(Silenzio...)

"Mi fa un’altra domanda?".

Perché, è preoccupata?

"Si molto, si va verso un fascismo strisciante, solo pronunciare la parola è un colpo al cuore, io l’ho vissuto, il fascismo e so, come tutte le dittature, quanto male può portare. La Costituzione fatta dai nostri padri costituenti non è da toccare! Se poi si ritiene di dover attuare meglio qualcosa che è rimasta non completamente realizzata va bene ma non può essere uno sconvolgimento come vogliono loro. Per questo è necessario fare memoria, far ragionare i giovani. Mi fanno molte domande, tanti mi ringraziano perchè non conoscono la storia, non sanno ancora cos’è stato il periodo fascista, cos’è stata la Resistenza e quindi com’è nata la Costituzione. È incredibile. Mi batto e insisto soprattutto su due concetti, solidarietà e libertà. L’essere vicino a chi ha bisogno. E dialogare, quello che non accade oggi. Pensando all’Ucraina, alla Russia e agli altri fronti di guerra, provo immenso dispiacere, di più, sono demoralizzata. Dopo 80 anni ci ritroviamo la guerra nel cuore dell’Europa. Se temo che torni il fascismo? Si, perché non è mai stato seriamente estirpato. Negli anni immediatamente successivi al ’45 non sono stati fatti i passi giusti, per me la responsabilità di Togliatti e del suo revisionismo è enorme, ma quale necessità c’era? Pur avendo simpatie per lui non l’ho mai accettato. Non abbiamo fatto i conti con la nostra storia. Talvolta mi chiedo se abbiamo fatto abbastanza, ho tanti sensi di colpa, ai giovani abbiamo parlato troppo poco, non siamo stati capaci di passare il testimone. Avremmo dovuto iniziare a parlare sin da subito".

Forse non c’erano orecchie pronte ad ascoltarvi. D’altronde è successo anche ai testimoni della Shoah, come Liliana Segre. La conosce?

"Non personalmente ma la stimo molto per il suo impegno".

Cos’è per lei oggi la libertà?

"Partecipazione, come diceva Gaber, ma anche solidarietà. Quando vado nelle scuole elementari dico sempre ai bambini: ’Sapete il motto dei Tre moschettieri? Tutti per uno, uno per tutti’. Questo è il principio della solidarietà".

Da staffetta partigiana ha incontrato anche l’amore, nell’agosto del 1944 ha conosciuto un ufficiale, nome di battaglia Mosca, ed è stato un colpo di fulmine...

"È una storia che racconto sempre nelle scuole. Lui entrava ed usciva dal carcere, l’ho aspettato tanto, poi quando ci siamo finalmente rivisti, una sera, ad una festa, abbiamo iniziato a ballare e non abbiamo smesso più, restando sempre insieme".

E Milano, le piace ancora?

"Si, ma la vorrei più inclusiva, più solidale, meno indifferente".

Che cosa la rattrista?

"Talvolta, alla sera, penso ancora a quelle montagne, ai tanti compagni che non sono più tornati, ai sacrifici fatti da tante donne della Resistenza. E il cuore mi batte, forte. Poi penso all’oggi, e a quanto siamo immersi in tempi bui. Più che mai quindi ora e sempre resistenza".