
Sopra da sinistra Francesco Arioli, un medico del Mulago Hospital, Enrico Ammirati, Matteo Ciuffreda, Laura Ronchi, Sandra Nonini e una collega ugandese si abbracciano A sinistra medici africani operano un piccolo paziente gravemente cardiopatico con l’aiuto dei volontari italianiLA SQUADRA Lavora al Niguarda e al Fatebenefratelli In Uganda ha appena salvato la vita a 12 piccoli e 2 adulti cardiopatici
Milano, 14 agosto 2018 - Tre cardiologi, un’infermiera e un’anestesista hanno trascorso una settimana lontano dall’Italia. E non per una vacanza esotica. Hanno dedicato le loro ferie – dal 28 luglio al 5 agosto – per fare quello che sanno fare meglio: curare il prossimo. Grazie a interventi di emodinamica sono riusciti a salvare la vita a 12 bambini gravemente cardiopatici, di età compresa fra i 9 mesi e i 9 anni, nonché due giovani adulti. Colpevoli solo di essere nati in un Paese dove gli standard sanitari non sono quelli occidentali: l’Uganda. Protagonisti della missione medica, promossa da Fondazione Mission Bambini, quasi solo personale in forza negli ospedali milanesi. Sono Enrico Ammirati, cardiologo, Sandra Nonini, anestesista, Laura Ronchi, infermiera di terapia intensiva, tutti in forza al Niguarda. Mentre è del Fatebenefratelli un altro cardiologo del team, Francesco Arioli. A guidare l’équipe Matteo Ciuffreda, cardiologo interventista dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
Teatro delle loro “imprese” il Mulago Hospital di Kampala. Il più grande ospedale pubblico dell’Uganda. Il dottor Arioli, 38 anni, lo conosce bene perché è alla sua ottava missione in quel Paese: «Gli interventi sono stati eseguiti per correggere, prevalentemente, patologie congenite. Tutte operazioni delicate: sia per la giovanissima età dei pazienti che per il fatto che in quella sede non c’erano i “paracaduti” dei nostri ambienti ospedalieri». Ci sono stati anche due casi speciali: «Quello di due ragazzi, di 26 e di 32 anni, sofferenti di un difetto congenito».Laura Ronchi, infermiera di 32 anni e alla sua prima missione in Uganda, precisa che si trattava di «coartazione aortica», una condizione congenita in cui l’aorta si restringe: «In Occidente si procede all’intervento appena c’è la diagnosi, loro hanno dovuto attendere fino all’età adulta».
L'operazione è durata 5 ore ma non si è svolta a cuore aperto: «Erano interventi di cardiologia interventista. In pratica si accede al cuore navigando attraverso i vasi sanguigni per via “percutanea” con un piccolo foro che viene praticato dalla femorale». Uno stent risolve il problema di restringimento dell’aorta. Ad organizzare la missione Fondazione Mission Bambini. In 12 anni dedicati alla cura delle cardiopatie infantili, ha salvato la vita a 1.861 bambini attraverso operazioni di cardiochirurgia pediatrica.