Medaglia d’oro per l’aiuto ai partigiani Morì investito da un calesse

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A prima vista potrebbe sembrare un semplice prete di campagna. La vita di don Mario Ciceri, però, è stata molto più di questo. Nato a Veduggio, in Brianza, nel 1900, don Ciceri ha scoperto fin da bambino la sua vocazione. Nel 1924, ancora ragazzo, diventa assistente nella parrocchia di Sulbiate, frazione di Brentana. Sceglie di seguire uno stile di vita sobrio, essenziale, sempre pronto al sacrificio per gli altri. Grazie al suo contributo, poi, l’oratorio di paese diventa un luogo sempre più accogliente e, con il tempo, il luogo privilegiato per educare i giovani. Nei suoi primi anni d’attività fonda la sezione locale di Azione cattolica e, sfruttando la sua passione per la musica, dà vita a compagnie teatrali e scuole di canto. L’obiettivo è sempre e solo uno: stimolare i giovani del paese a proseguire gli studi e costruirsi un bagaglio culturale sempre più ampio. "La particolarità di don Ciceri è che ha sempre creduto molto in quello che faceva. Questo è ciò che gli ha permesso di lasciare il segno – commenta monsignor Ennio Apeciti, autore della biografia “Il bene fa poco rumore“ –. A differenza di Armida Barelli, lui non è stato un innovatore del pensiero cattolico del suo tempo. Ma è stato in grado di comunicare in modo talmente efficace la sua fede verso Dio, da convincere centinaia di persone a seguire il suo esempio". Accanto all’impegno civile e religioso, don Ciceri viene ricordato anche – e forse soprattutto – per il suo impegno politico. Negli anni della Seconda guerra mondiale, mantiene stretti contatti con i militari della Resistenza. In più occasioni, mette a rischio anche la propria vita pur di venire in aiuto ai partigiani, scivolando con la sua bicicletta nei boschi della Brianza.

Nel 1940 pubblica anche il primo numero di “Voce amica“, un piccolo periodico per comunicare con i giovani impegnati al fronte. Negli anni della guerra, poi, la sua attività si concentra soprattutto sulle categorie più fragili, come poveri e ammalati. Ed è proprio a questi ultimi che dedica gran parte delle sue giornate, fermandosi in alcuni casi intere notti per visitare le famiglie e trascorrere la notte al fianco dei pazienti più gravi. Purtroppo don Ciceri non vive abbastanza a lungo per testimoniare la Liberazione di Milano. Nel febbraio del 1945, mentre torna in bicicletta dal paese, viene investito da un calesse. Morirà due mesi più tardi all’ospedale di Vimercate. Anche nel suo caso, però, la sua vita continuerà a essere di ispirazione per molti. Tanto da spingere un gruppo di amici, oltre cinquant’anni più tardi, a fondare l’Associazione Don Mario Ciceri e a chiedere, nel 2001, la sua beatificazione.

Gianluca Brambilla

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