
II funzionario infedele era stato arrestato dalla Guardia di Finanza
Milano, 10 giugno 2017 Attualmente risulta irreperibile: il suo nome è stato cancellato il 30 marzo 2016 dall’ufficio Anagrafe del Comune di Bareggio, ultima residenza conosciuta. Un fantasma, insomma. Un fantasma che difficilmente, supponiamo, si farà vivo per risarcire il suo ex datore di lavoro, la Direzione lombarda dell’Agenzia delle Entrate. Sì, perché l’altroieri Saverio Gerardo Campanella, classe ’56, è stato condannato dalla Corte dei Conti a versare al Fisco quasi mezzo milione di euro. Per l’esattezza 484.904 euro, cifra che viene fuori dalla somma dei soldi illecitamente sottratti alle casse dello Stato e di quelli incassati come tangenti in cambio dell’inserimento di dati fasulli nel sistema telematico. La vicenda emerge nell’autunno del 2008, quando Campanella (funzionario di stanza all’ufficio di Abbiategrasso) e altri due dirigenti rispettivamente in servizio a Milano e Rho finiscono in manette per corruzione e truffa informatica. Il manager sceglie la strada del patteggiamento: due anni e tre mesi la pena concordata col pm e ratificata dal gip l’11 aprile 2011.
Cinque anni dopo, il 31 ottobre 2016, la Procura regionale della Corte dei Conti bussa alla porta di Campanella per «sentirlo condannare al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, dell’importo complessivo pari a 713.780 euro», di cui 338.530 euro a titolo di danno patrimoniale costituito «dal perduto credito vantato» nei confronti dei contribuenti che hanno approfittato dei suoi buoni uffici e altri 375.250 euro per il danno d’immagine. Partiamo dalla prima cifra, legata a 5 episodi specifici in cui Campanella avrebbe annullato o corretto (in negativo) la somma dovuta dal contribuente di turno piuttosto che rivisto al rialzo «i crediti vantati dai contribuenti». In questo caso, la Corte ha abbassato la richiesta di condanna della Procura da 338.530 a 109.654 euro, non computando i 228.875 euro relativi alla vicenda di un avvocato.
Nessuno sconto, invece, sul danno d’immagine, corrispondente, nell’interpretazione del collegio presieduto da Luisa Motolese, ai 375.250 euro ingiustamente incassati dal pubblico ufficiale infedele come tangenti (12 i casi esaminati) «al fine di annullare i debiti di imposta». Una condotta, quella portata avanti dall’ex manager, ritenuta «idonea a incidere – menomandola gravemente – su immagine, autorevolezza e prestigio dell’Agenzia delle Entrate, ingenerando nella comunità dei consociati la convinzione che il comportamento patologico posto in essere sia un connotato usuale dell’azione dell’ente». L’ammontare definitivo: 484.904 euro. Quattrini complicatissimi da recuperare, intendiamoci, visto che Campanella non si è mai presentato al processo e neppure ha mandato un avvocato a rappresentarlo.