
Massimo Ciavarro (Newpress)
Milano, 6 marzo 2016 - «Milano è una città fatta bene». Lo afferma l’attore Massimo Ciavarro. «Me ne sono reso conto da adolescente quando ero un divo dei fotoromanzi».
Veniva a lavorare a Milano?
«Sì, nei teatri di posa della casa editrice Universo che si trovavano a Cinisello Balsamo. Ero stato ingaggiato per Grand Hotel e poi fui coinvolto anche nelle produzioni di due nuove riviste Superstar e Maxicolor. Era il 1972, avevo 15 anni. Alloggiavo in un albergo in viale Monza e quando avevo i giorni di riposo giravo per la città con amici o da solo. Amavo tanto andare in centro o al cinema e concludevo sempre la serata in una rosticceria nei pressi del Duomo a mangiare panzerotti».
Insomma per essere un ragazzino ne aveva fatta di strada...
«Il lavoro come attore nei fotoromanzi fu una fortuna. Mio padre era morto, vivevamo a Roma io, mia madre e due sorelle. Eravamo sulle spese. Umberto Mazzarini, uno dei padri del fotoromanzo italiano, insistette tanto per farmi alcuni scatti. Lo incontrai sulla spiaggia a Tor San Lorenzo e ci mise un po’ prima di riuscire a fotografarmi, ero molto diffidente. Dopo 2-3 mesi fui contattato per cominciare a lavorare. Così riuscii ad aiutare tutta la mia famiglia».
È stata dura?
«Sì, ma almeno avevo trovato una via d’uscita. Se mio padre fosse stato vivo, non mi avrebbe mai permesso di lavorare nei fotoromanzi e di sicuro avrei avuto una vita diversa».
La via di Milano che preferisce?
«Via Paolo Sarpi. La vidi per la prima volta a 6 anni circa quando venni qui con mia madre e mia nonna, per visitare zia Piera, la sorella di mia nonna, e suo marito, lo zio Gianni. Avevano aperto una latteria proprio in via Paolo Sarpi. Zia Piera era così orgogliosa di quello che era riuscita a fare a Milano, dopo che aveva lasciato Ustica. Mi ricordo il loro negozio tutto bianco. Piera e Gianni affaccendati dietro il bancone. Mi proposero di bere un po’ di latte. Infine mi offrirono un cappuccino, ma mia madre si oppose perché non voleva che bevessi caffè».
Ci è poi tornato in Paolo Sarpi?
«Sì, di recente, ci ho abitato per circa un mese. È una via che mi piace anche se è cambiata rispetto a tanti anni fa. Ora la presenza dei cinesi è molto forte, ma è una strada bella da percorrere a piedi, vicina al centro».
Perché dice che a Milano c’è meno stress?
«In un mese non ho usato auto e scooter e mi sono mosso solo con i mezzi pubblici. A Roma non potrebbe mai accadere. Milano è una città pulita, organizzata. Qui le cose sono fatte con coerenza».
È cambiato il suo approccio con l’idea di città?
«Sì, perché Milano facilita il rapporto delle persone con la città, con i suoi servizi e i suoi luoghi. Anche la periferia è collegata bene con il resto. A farmi scoprire questa nuova Milano è stata anche la mia compagna Francesca che è milanese».
Perché parla di «nuova» Milano?
«Avverto che c’è una maggiore attenzione nei confronti del cittadino. Per esempio anche nell’incentivare da parte del Comune l’uso delle biciclette. Insomma è una città meno nemica e di sicuro più amica».
Lei è famoso per le svolte. Per esempio quando aveva mollato tutto per andare a vivere in campagna.
«Sì, mi sono trasferito nelle campagne a nord di Roma e ci ho vissuto per circa 26 anni, dal 1986 al 2012, occupandomi anche del settore edilizio e immobiliare. Per esempio se trovavo un terreno interessante e c’era la possibilità, davo vita al progetto di costruirci una casa da vendere, ma lasciando anche 2-3 ettari di terra attorno, mentre altri ci avrebbero potuto ricavare più fabbricati. Ho sempre evitato le speculazioni. Mi è piaciuto, al contrario, creare qualcosa che si inserisse nel territorio senza violentarlo».
Potrebbe cambiare ancora e trasferirsi a Milano?
«Mai dire mai, anche se mi sembra improbabile. Se penso al futuro, mi vedo vivere su un’isola e trascorrere le giornate andando a pesca. Ma non potrei comunque fare a meno di Milano e degli amici che vivono qui».
di MASSIMILIANO CHIAVARONE
mchiavarone@gmail.com